Estate, incognita invenduto.
La colpa? Non solo di Fti

Estate, incognita invenduto. <br>La colpa? Non solo di Fti
24 Giugno 11:23 2024 Stampa questo articolo

Fti. Tre lettere che innescano uno tsunami destinato, se non a travolgere, certamente a condizionare il turismo nel Mediterraneo. Se è vero che l’Italia non era il core business del Gruppo tedesco, costretto a chiudere per insolvenza, è altrettanto vero che il suo crac condizionerà gli equilibri commerciali dell’area, Italia compresa. Ad oggi sappiamo che tutti i pacchetti contrattualizzati con il tour operator, a partire da sabato 6 luglio, sono stati annullati per un totale di circa 175.000 viaggi cancellati.

Un fallimento a ridosso del picco estivo che lascia voragini nell’offerta: camere vuote, per dirla in parole povere. E se dal 2025 in poi altre realtà assorbiranno il prodotto prima precettato da Fti, l’attuale stagione è invece destinata a soffrire: nonostante l’intervento del Fondo di garanzia tedesco (Drsf) e le toppe messe da competitor come Tui, manca il tempo materiale per “salvare” in toto la stagione.

Le variabili da considerare sono essenzialmente due. Prima di tutto l’impatto sulle destinazioni-chiave del t.o. tedesco, ovvero Canarie, Grecia e Turchia. Un’onda d’urto che gli esperti non esitano a definire «devastante» e che potrebbe portare a una svendita last minute: un abbassamento repentino dei prezzi dei soggiorni. «Tariffe choc», le chiama qualcuno, che andrebbero di traverso al pricing (e dunque al business) dei t.o. di casa nostra, innescando una competizione viziata anche sul Mare Italia, notoria cassaforte dei fatturati estivi e seconda variabile della nostra analisi.

BUDGET RIDOTTI, PREZZI ALTI

Che l’Italia boccheggiasse ne avevamo da tempo il sentore. A prescindere dal caso Fti. Il booking in adv ha subito una battuta d’arresto nelle ultime settimane, con punte del -15%. Gli operatori hanno venduto forte giugno e luglio, con il traino dell’early booking e dei vacanzieri altospendenti, ma resta una notevole fetta di invenduto, soprattutto sul mese di agosto e principalmente sul target medio, che oggi viene individuato in una famiglia disposta a spendere 5-6mila euro per una settimana al mare. Cifra che tanto “media” non è.

Ed è qui il nodo gordiano del nostro mare: la scollatura tra i budget ormai striminziti degli italiani e i prezzi su cui si è assestato il turismo organizzato, costretto a “girare” sul cliente finale i rincari applicati dai fornitori. E non per speculare, va detto, ma perché i margini di guadagno sono oramai davvero ridotti all’osso. Con il crac di Fti piove, dunque, sul bagnato. Il nodo di cui sopra alla fine potrebbe essere sciolto alla maniera di Alessandro Magno con un brutale taglio dei prezzi provocato da allotment invenduti, a cui potrebbero andare ad aggiungersi i “vuoti” lasciati qua e là dal t.o. tedesco, che comunque macinava 7,5 milioni di passeggeri l’anno. E il suo «pochissimo», riflette una delle nostre fonti, è per noi «tanta, troppa roba».

IL CASTELLO DI CARTA SI SGRETOLA

Ma torniamo alle cronache mitteleuropee. Per il crac di Fti Touristik, big tedesco del t.o. che aveva in pancia svariati brand e circa 11mila dipendenti, non sono state risparmiate frasi a effetto, ma sicuramente la rappresentazione più significativa di ciò che è avvenuto ai primi di giugno è una sola: effetto domino. Già, perché il Gruppo Fti era uno degli esempi più eclatanti di “colosso della filiera turistica”: dal tour operating alle agenzie di viaggi in franchising, dai brand alberghieri alle società di autonoleggio.

E come un castello di carta, la dichiarazione di insolvenza ha messo in moto un susseguirsi di fallimenti culminati con la forzata cancellazione delle partenze per il mancato raggiungimento di accordi salva-package. L’effetto domino ha colpito due t.o. collegati alla galassia Fti, BigXtra Touristik e 5vorFlug, che hanno dichiarato fallimento annullando le proprie pratiche; subito dopo è stata la volta della messa in mora della rete di 250 agenzie Tvg, venduto in pochi giorni a Raiffeisen Vertriebs.

CORSA CONTRO IL TEMPO

Capitolo a parte, le catene alberghiere di casa – Labranda, Design Plus, Kairaba, Lemon & Soul – con la ricerca “urgente” di un possibile acquirente. Gli hotel, dislocati tra Canarie, Grecia e Turchia. Location che, seppur non direttamente coinvolte nell’insolvenza del t.o., sono entrate nella vicenda a seguito della manifesta preoccupazione dei proprietari degli immobili di non vedersi pagare i canoni d’affitto. Una corsa contro il tempo su tutti i fronti, con eccezioni che fanno la differenza. Una tra tutte: la precisazione espressa dal curatore fallimentare Axel Bierbach che il Drsf, il Fondo di garanzia tedesco copre solo chi ha acquistato pacchetti combinati e non i clienti che hanno prenotato singoli servizi come voli, hotel e trasferimenti.

Il resto della storia è ancora tutto da scrivere. E i reali effetti, al momento, sono ancora incalcolabili.

Roberta Rianna e Andrea Lovelock

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