Mille e una Turchia: viaggio da Istanbul alla Cappadocia

10 Aprile 07:00 2024 Stampa questo articolo

Dal finestrino dell’A330 di Turkish Airlines un raggio di sole mi colpisce dritto al viso. Siamo partiti all’alba da Roma Fiumicino, ma il volo in Business ci ha fatto subito sprofondare in un meraviglioso relax. Tiro su il sedile reclinabile che mi ha permesso di dormire quasi due ore, intervallate solo da una mega colazione a base di prodotti tipici e dolcetti vari, metto via le cuffie e allaccio la cintura. Stiamo per atterrare in una delle città più affascinanti del mondo, ponte tra Europa e Asia, capitale dei tre imperi romano, bizantino e ottomano e cuore pulsante della Turchia. Il viaggio a Istanbul, organizzato dalla compagnia aerea di bandiera, è una full immersion di sapori, odori, suoni.

Come dicono i locali, non esiste una sola città, ma tante Istanbul quanti sono i quartieri che la compongono, ognuno con le sue caratteristiche e particolarità. Una megalopoli che sorge come Roma su sette colli, tagliata in due dal Bosforo, dove a qualsiasi ora del giorno o della notte c’è sempre qualcosa da fare. Per cominciare a conoscerla meglio partiamo dal suo centro storico, la penisola di Sultanahmet, quella che una volta era la vecchia Costantinopoli. Qui si trovano i principali monumenti, quelli più famosi e fotografati, negozi di souvenir e il Gran Bazar.

Il tour comincia da quello che in passato era l’ippodromo di Bisanzio e oggi è una larga piazza pedonale dove si affacciano musei, gelaterie e ristoranti. L’obelisco di Teodosio e la colonna di Costantino sono alcuni dei resti di quello che originariamente era uno dei luoghi più importanti dell’antica Costantinopoli, dove le bighe trainate dai cavalli si sfidavano in sette giri di corsa sulla pista mentre l’Imperatore assisteva seduto nella tribuna d’onore. Dei fasti romani sono rimaste ancora alcune mura, ma soprattutto quello che i turchi chiamano il “palazzo sommerso”, (Yerebatan Sarnici) una enorme e suggestiva cisterna, grande quanto un campo da calcio, costruita nel 532 da Giustiniano I nel sottosuolo di Istanbul. Man mano che si scendono i 52 gradini di questa “basilica” sotterranea, lo spettacolo diventa incantevole. Ci sono 336 colonne, disposte in 12 file, che sorreggono questa enorme stanza piena d’acqua, ognuna con un capitello diverso dall’altro. Dal 2022, dopo un lavoro di restauro, sono stati aggiunti anche 750 punti luminosi che rendono il luogo ancora più suggestivo: si passeggia su alcune passerelle tra l’infinito colonnato dai riflessi color verde, tra installazioni di opere d’arte e teste di Medusa rovesciate usate come base per alcune colonne.

Si risale e si va verso quella che è ritenuta universalmente uno dei simboli della città: la Moschea Blu, conosciuta come la moschea di Sultan Ahmet, tappa obbligata di qualunque viaggio in Turchia. La riconosci perché è l’unica con ben sei minareti. Per entrare ci togliamo le scarpe e mettiamo il velo sul capo e mentre avanziamo tra i turisti è impossibile non farsi rapire dalle oltre ventimila piastrelle di ceramica blu di Iznik che ricoprono le pareti e la cupola. Gli enormi lampadari, dove sono appese anche delle uova di struzzo che tengono al largo ragni e ragnatele, le 260 finestre e i meravigliosi decori creano un’atmosfera di eleganza e spiritualità.

Poco distante c’è un altro monumento imperdibile, la chiesa di Santa Sofia, oggi diventata moschea e conosciuta come Ayasofya. Da pochi mesi chi non è musulmano può visitare solo la zona superiore della ex chiesa, dove ci si innamora dei meravigliosi mosaici bizantini e si ammirano le imponenti cupole che sembra vogliano sfidare il cielo. Il giro si chiude con un salto obbligato ai mille negozietti del Gran Bazar, dove è facile perdersi ma anche ritrovarsi a sorseggiare una tazza di tè in uno dei tanti piccoli bar, oppure puntare verso le rive del Bosforo per arrivare fino al Bazar delle spezie. Ed è proprio il Bosforo il grande protagonista di questa città.

Basta salire su uno dei mille traghetti che fanno su e giù lungo le sue sponde, tra un Continente e l’altro, per rendersi conto della sua magia. Sullo stretto si trova anche il maestoso Palazzo Dolmabahçe, splendida fusione di stili europeo e ottomano. Nel suo harem c’è anche la stanza dove morì Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della repubblica turca, l’orologio ancora fermo sull’ora in cui esalò l’ultimo respiro. Il sole sta già tramontando, il Corno vira verso l’oro, il muezzin invita alla preghiera. È il mese del Ramadan e i fedeli aspettano il tramonto per poter mangiare. Aspettiamo anche noi il calar della sera in un delizioso ristorante, la locanda Feriye, che affaccia sul Bosforo Bridge e la moschea di Ortakoy, quartiere che unisce modernità e tradizione. Un ultimo sguardo alle mille luci e si torna allo Stay Boulevard Nisantasi, un hotel di design nel cuore dell’area commerciale più cool della città.

Il giorno dopo si parte. Direzione Cappadocia, nell’Anatolia Centrale. Un’ora e venti di volo e atterriamo a Kayseri, a 60 chilometri dalle valli e dai paesaggi lunari dichiarati Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco. L’impatto lascia completamente senza fiato. Lo sguardo per chilometri incrocia formazioni rocciose, i “camini delle fate” che sembrano provenire da un altro pianeta e che il tempo, neve, pioggia e sole hanno cesellato nei secoli. La Regione, con le sue grotte, città sotterranee e chiese rupestri è considerata una delle più affascinanti del Paese, anche grazie al mix di meraviglie naturali e storiche che si trovano nell’area. E così noi ci caliamo prima in uno degli stretti cunicoli della città sotterranea di Kaymakli, un incredibile villaggio troglodita scavato nella roccia vulcanica capace di ospitare 30mila persone nei suoi tunnel labirintici, poi partiamo a bordo di una jeep alla scoperta delle infinite e straordinarie valli che costellano il territorio. Si sale sulle dune rocciose, ci si fa largo tra la vegetazione, per poi arrivare su piccoli promontori dai panorami incredibili. Come la Valle delle Rose, famosa per i suoi pendii dolci e i campi di rose in fiore, oppure quella dell’Immaginazione, dove sbizzarrirsi in una sorta di caccia alla forma più strana, fino all’iconica Valle dell’Amore conosciuta per le sue guglie dritte di tufo che puntano verso il cielo e che ricordano dei grossi membri maschili.

Imperdibile anche il villaggio di Uchisar, una sorta di Matera turca, un enorme picco di tufo con mille cavità, una volta abitate dagli ittiti. Ancora oggi sono visibili numerose grotte, collegate tra loro da scale, tunnel e passaggi angusti. In cima alla montagna c’è anche un incredibile castello, come quelli realizzati con la sabbia bagnata sulla spiaggia. E questa roccia, friabile ma compatta, ha conservato nei secoli anche un vero e proprio tesoro che è possibile oggi visitare nel museo all’aperto della città di Goreme: circa 300 chiese rupestri scavate nella pietra nuda, alcune con affreschi e dipinti religiosi impressionanti risalenti al periodo bizantino, che narrano storie bibliche e scene della vita di Cristo.

Per immergersi nella cultura locale, non si può non visitare uno dei tanti centri dove gli artigiani locali lavorano la ceramica, qui realizzata utilizzando antiche tecniche di lavorazione dell’argilla tramandate da generazioni con colori vivaci e motivi geometrici, floreali e astratti, oppure un laboratorio tessile dove i tappeti vengono ancora annodati a mano come da antica tradizione. L’ultimo colpo d’occhio sulla Cappadocia sarebbe arrivato su tra le nubi, dal cestello in vimini di una delle migliaia di mongolfiere colorate che ogni mattina all’alba si alzano in volo su questo paesaggio incredibile. Sarebbe, perché il meteo e la temperatura che sfiora lo zero hanno adagiato un manto di neve sulle cime di pietra e bloccato i voli. Penso: sarà per la prossima volta. Intanto stringo forte tra le mani l’occhio blu turco contro il malocchio.

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Serena Martucci
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