No, non voglio parlare di hockey o di altri sport di contatto ma di spallate commerciali. A cosa mi riferisco? Alla difficoltà che sempre più spesso i tour operator si trovano a dover affrontare quando vanno all’estero a contrattare.
Non che non ce ne fossero prima, sia ben chiaro, ma allora avevano un nome e cognome ben riconoscibili, si chiamavano Tui, Thomas Cook, Kuoni, DerTouristik e le diagonali degli albergatori erano sempre le stesse sulla scacchiera rinfacciandoci di avere una stagione troppo corta in Italia, di pagare meno dei tedeschi e dei britannici o ancora di richiedere sempre dei format di animazione (i famosi club italiani) che andavano in conflitto con i bisogni degli altri mercati.
In questa difficile partita, in qualche modo e fino ad oggi, ce la siamo sempre cavata.
Ora la partita è diversa e non la giochi contro un player più grosso e più ricco analogo a te, ma contro un modello nettamente differente.
Andiamo per ordine. Questo non è vero dappertutto; in alcune località si contratta ancora bene o comunque in maniera ragionevole. In molte altre però la partita è diventata molto complicata.
In Spagna, ad esempio, nelle Baleari e alle Canarie e, ancora più precisamente, a Tenerife e Ibiza. In Grecia si potrebbe dire lo stesso di Mykonos, Santorini ma anche di Corfù per certi versi. Ci sono delle destinazioni che stanno evaporando dalla mappa del tour operating e del turismo organizzato.
In queste località si è creato un comportamento omologo tra i vari albergatori che a pensar male farebbe credere a un cartello, ma in realtà è solo un atteggiamento comune motivato dagli stessi obiettivi.
Parlare di allotment ma vado anche oltre, di garanzie, è qualcosa fuori dai tempi in queste località. Nessuna capacità garantita, nessun prezzo garantito, di format non puoi nemmeno provare a toccare il tema. Ti agganci a un channel manager e ti prendi il prezzo che c’è.
Questa, che è già una minaccia alla possibilità di pianificare una capacità aerea collegata, non è nemmeno la cosa peggiore che invece risiede nei prezzi che ti offrono e che, semplicemente, allontanano il traffico leisure tradizionale per attirare quello più effimero che quasi prova piacere a pagare cifre insostenibili solo per dire di essere stato in quel bagno, in quell’hotel, in quel ristorante.
A Ibiza c’è un ristorante che ti fa pagare fino a 1.500 euro a persona. Il problema più grosso? Trovare posto. Non è molto diverso da quello che accade in un bagno alla moda a Forte dei Marmi o in un hotel a Portofino. Ecco che quando delle destinazioni fanno di tutto per connotarsi come esclusive ed elitarie è evidente che il nostro turismo, quello mainstream (nel senso nobile del termine, qui non c’è da vergognarsi) ne paga il prezzo.
La Grecia ha cambiato fortemente il suo perimetro vista dall’angolazione di un tour operator. Per quanto le isole siano tantissime e sarebbe bello poterle offrire tutte, oggi un t.o. la partita la gioca su Rodi, Creta, Kos e Karpathos.
Parliamo ancora di Baleari o parliamo di Minorca? Perché questa è l’unica che ancora può essere pianificata in maniera logica.
Non molto diversa è la situazione nei mari più esotici, come la Polinesia dove preferiscono i dollari americani agli euro europei perché pagano molto di più di noi o il Sud-est asiatico, in particolare Phuket ma anche Bali, dove i volumi dei grandi polmoni turistici come Cina, Giappone e Corea travolgono tutta l’offerta.
Ecco perché quando vai a negoziare in Egitto provi quasi un senso di ristoro.
Un rapporto prezzo a parità di qualità di uno contro 4 o anche contro 5, se paragonato al Mediterraneo, sole garantito tutto l’anno, un mare bellissimo e soprattutto, cosa più importante, ti trattano bene e sono felici che tu sia lì in vacanza.
“Non possiamo farne un dramma”, così cantava Battisti nel suo bellissimo pezzo “Prendila così”; in fondo non sono le prime mete che si inabissano rendendosi meno visibili al nostro orizzonte. Basti pensare a cosa è accaduto con le capitali europee e i city break, dove certamente il turismo organizzato non è più il canale elettivo per prenotarli.
Però di una cosa sono sicuro e questo lo sperimento in tutti gli angoli della mia vita, dai ristoranti ai negozi, a qualsiasi altro servizio. Se non hai piacere che venga, tanti saluti, ci sarà qualcun’altro che mi vorrà.
Non c’è nessun servizio, nessun luogo, nessun bisogno che meriti di farmi sentire indesiderato e quindi se queste destinazioni non ci vorranno più, pazienza, ne troveremo delle altre. Chissà mai che un giorno le cose non cambino e magari quelli che ci vedevano come dei fastidi non tornino a Canossa chiedendoci di riaprire il rapporto.
In quel caso nessun problema: si dimentica tutto nel business, ma alle nostre condizioni.
Dal 2020 è presidente di Astoi Confindustria Viaggi, associazione dei tour operator italiani, il cui Consiglio Direttivo lo vede membro sin dal 2012. È anche membro del Board di presidenza di Federturismo in Confindustria, nonché direttore generale Tour Operating di Alpitour World.
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