La Thailandia del Botticelli: «Amore a prima vista»
«La mia prima volta? Ventuno anni fa. Lo ricordo ancora come se fosse ieri». Sorride Sandro Botticelli, marketing manager dell’ente del Turismo thailandese in Italia, ripensando con nostalgia al suo iniziale viaggio nella Terra del Sorriso. «Lavoravo ancora per China Airlines e la destinazione era Bangkok. È stato amore puro, tanto che appena posso volo verso Oriente. Sono un tossico della destinazione, lo so, e se ci manco dopo un po’ vado in crisi d’astinenza». Romano, ma thailandese di adozione, Botticelli ha sempre lavorato in compagnie internazionali che lo hanno portato in giro per il mondo. Il cuore però l’ha lasciato a Est, tanto che quello che ha appena concluso è stato il 70° viaggio nella sua Thailandia.
Ventuno anni sono tanti. Com’è cambiata la destinazione?
«Direi che in un lasso di tempo così lungo, un po’ tutte le mete hanno mutato volto. Qui siamo passati da 14 a 42 milioni di arrivi internazionali, qualche problema di iperturismo in alcuni luoghi e ovviamente un’esplosione dei servizi legati al mondo del turismo. Quello che è rimasto invariato è il rispetto che gli abitanti hanno per il viaggiatore, il forte senso di integrità culturale, la loro filosofia di vita che segue le indicazioni del buddismo e rende la Thailandia un posto sicuro, con la microcriminalità pari a zero e un’accoglienza senza pari. Non a caso è uno dei Paesi scelti da moltissime donne per un viaggio da sole».
Cosa suggerisce di fare assolutamente una volta arrivati lì?
«Innanzitutto mangiare. Bangkok è una delle capitali della cucina internazionale stellata accessibile, ma anche una delle mete più famose per lo street food. Ci si può concedere una cena in un ristorante extra lusso per soli 50 euro e, il giorno dopo, provare un piatto eccezionale in uno dei tanti banchetti del mercato a meno di 5 euro. Qui c’è anche l’unico chiosco che ha ricevuto una stella Michelin. Dietro il bancone trovi la chef ultrasettantenne Jay Fay che prepara il khai jeaw poo, la migliore omelette di granchio del mondo. Insomma, se il 70% delle case in Thailandia è senza cucina un motivo ci sarà. Quindi vale la pena affittare un tuk tuk e farsi accompagnare nei vicoletti del quartiere di Chinatown per un food tour. Altro consiglio è di arrivare qui con la valigia vuota. Chi ama lo shopping non può rinunciare a esplorare i centri commerciali, ma soprattutto i mercatini dove scovare bellissimi oggetti dell’artigianato locale, dal legno intarsiato alle stoffe colorate. Impossibile poi non concedersi un massaggio thai, che è una vera cura benessere. Che si scelga la Spa a cinque stelle o una piccolo centro posso assicurare che il trattamento sarà altrettanto efficace. Qui il massaggio è una tradizione consolidata, le bimbe lo imparano da piccole per dare sollievo ai genitori quando tornano a casa stanchi dal lavoro. Il principio è quello dall’agopuntura indiana solo che, invece degli aghi, si usa la digitopressione. È una coccola di lusso accessibile».
A che cosa, invece, i turisti devono prestare attenzione?
«I thailandesi hanno molto rispetto nei confronti degli stranieri ma, in molti, ancora oggi, sono legati alla monarchia quindi non è il caso di giudicarla apertamente. Non bisogna poi mai toccare la testa di nessuno, neanche quella di un bambino, perché è considerata sacra in quanto è dove risiedono l’anima e lo spirito. Le donne, infine, non possono dare la mano ai monaci per nessuna ragione. In definitiva, basta poco: educazione e buon senso possono essere considerate le regole principali».
Oggi la Thailandia, e l’Oriente in generale, si può dire siano casa sua. Ma è sempre stato così facile lavorare nel Paese?
«Ricordo che quando iniziai a lavorare con le prime aziende asiatiche non fu semplice per me. Io vengo da una formazione professionale anglo-americana, abituato a lavorare per obiettivi. Uno dei miei capi dell’epoca un giorno mi bloccò dicendomi “fermati con questo progetto, che sennò licenziano non solo te ma anche me”. Era un modo per farmi capire che le gerarchie vanno rispettate, che l’anzianità del ruolo è molto importante rispetto al mondo occidentale, che non bisogna scavalcare chi è più alto in grado anche se per una buona causa. Poi ho capito che ero io che stavo lavorando per loro e che toccava a me adattarmi alle loro procedure e processi e tutto è stato più fluido. Lì ho scoperto il pregio di tale mentalità: una volta che si fidano, ti danno davvero tutto».
Il Paese è grande più o meno come la Spagna e conserva delle meraviglie incredibili: dalle antiche rovine e i magnifici templi decorati alle spiagge mozzafiato con alberi di cocco, ai parchi naturali e ai mercati galleggianti o alle tante isolette con grotte, mangrovie e lagune protette. Quale sarebbe il suo tour ideale per scoprire la vera essenza del luogo?
«Come consiglio sempre, per conoscere il Paese, che offre così tante attività diverse, servono almeno due settimane. La prima da dedicare alla scoperta di Chiang Rai e il triangolo d’oro, un’area ancora tranquilla dove scoprire la cultura thai e ammirare il Wat Rong Khun, il “tempio bianco” realizzato in gesso e costellato di specchietti, l’affascinante mercato notturno di Chang Mai, le cascate delle riserve naturali, l’incredibile sito archeologico di Sukhothai patrimonio Unesco e ancora i santuari di Ayutthaya, la vecchia capitale del Regno del Siam e ovviamente Bangkok, la città dei contrasti tra antichissimi templi e scintillanti grattacieli. Non si può lasciare lo Stato poi senza aver visto anche i suoi fondali variopinti e le sue rive, l’arcipelago di Samui, l’eccezionale costa della regione di Krabi, uno dei punti di mare più belli, con le sue isole tropicali ancora semi sconosciute, le grotte e le strane formazioni rocciose. Quest’area non risente ancora del turismo di massa anche per la sua localizzazione: il primo aeroporto si trova a due ore di auto a cui va aggiunta almeno un’altra ora e mezza di traghetto. Qui ci sono anche le incantevoli Phi Phi islands dove è stato girato il famoso film “The Beach” con Leonardo Di Caprio e, non distante, anche quella che chiamano l’isola di James Bond».
Tra i tanti posti magici, puoi svelare qual è il suo “angolino del cuore”?
«Io sono un uomo di mare e quindi quando voglio coccolarmi scappo verso le meravigliose spiagge al nord di Phuket. È un atollo strano. La zona sud, è innegabile, soffre di overtourism. Basti pensare che da sola accoglie 12 milioni di visitatori l’anno, con un rapporto tra visitatori e abitati sproporzionato. Eppure basta allontanarsi dalla frenetica vita di Patong o dalle spiagge di Kata e Karon, per scoprire davvero un’altra dimensione. Nel nord dell’isola, che in totale è lunga meno di 50 chilometri e larga 20, si può affittare un motorino e trascorrere le giornate vagando di spiaggia in spiaggia fermandosi a bere una shinga, la tipica birra bionda thai, creata nel 1933. Si incappa in locali semi deserti, con barman dal largo sorriso e, a due passi, arenili di sabbia bianchissima e fina come borotalco con un mare dal colore incredibile. Ecco, quando sono qui, davvero il tempo sembra fermarsi».
Settanta viaggi non si dimenticano e ognuno di questi sarà stato speciale. Ma a chi raccomanderebbe di fare le valigie e partire?
«Ovviamente, oltre ai tanti turisti vacanzieri che vogliono scoprire questo Paese così completo, sicuramente ai pensionati italiani. Lo dico sempre. Qui la tassazione è al 7%, fa caldo, il mare è splendido e il costo della vita, lontano dai ricercati centri turistici, è davvero alla portata di tutti. Basta scegliere una villetta sulla spiaggia in una delle coste del Mar delle Andamane e godersi la vita mangiando un buon piatto di pad thai, le fettuccine di riso condite con pesce, verdure o carne simbolo della cucina tradizionale thailandese».
Questo è il suo piano per il futuro?
«Non ho nessun dubbio (ride). Oramai questa terra mi è entrata nelle vene e oggi posso veramente dire che la conosco meglio dell’Italia. Prima o poi l’energia finirà e toccherà anche a me riposarmi un po’. Allora farò la valigia e partirò per la mia amata Thailandia».