Alitalia, dalle ali spezzate a quelle spiegate di Ita-Lufthansa

Alitalia, dalle ali spezzate a quelle spiegate di Ita-Lufthansa
07 Febbraio 07:00 2025 Stampa questo articolo

Dalle “ali spezzate” di Alitalia alle “ali spiegate” di Ita Airways (visto il suo recente matrimonio con Lufthansa), la storia dell’aviazione commerciale italiana assomiglia a un lungo giro sull’ottovolante o, per rimanere in tema, a un volo nei cieli del mondo con tante, troppe turbolenze. Una storia che inizia 78 anni fa e, attraversando ben 67 governi, segna indelebilmente anche la storia del nostro turismo e del sistema-Paese, con perdite totali per 27,6 miliardi di euro. Alitalia nasce nel 1947 e cresce in salute almeno fino agli anni Settanta, macinando utili che hanno toccato i 16 miliardi di vecchie lire (oggi sarebbero 635 milioni di euro).

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Subito dopo la lunga reggenza di Umberto Nordio, che dal 1978 al 1988 chiude quasi tutti i bilanci in attivo e il trasportato supera i 10 milioni di passeggeri annui, i motori della compagnia di bandiera cominciano a incepparsi. È un lento ma inesorabile declino che prende forma quando a metà degli anni ‘90 il rosso diventa profondo, con perdite per 1,5 miliardi di lire, a carico dell’Iri, l’ente economico pubblico che tiene botta ancora pochi anni, per poi passare la patata bollente dell’aerolinea al ministero dell’Economia.

MIRACOLO CEMPELLA E POI LA CADUTA LIBERA

È con questo passaggio, secondo il Centro Ricerche della Bicocca, che si aggravano i guai finanziari, perché i bilanci cominciano a precipitare. L’unica parentesi positiva è quella di Domenico Cempella, uno dei pochissimi manager esperti e capaci, che dal 1996 al 2001 riporta in utile la compagnia a bordo della quale viaggia il 55% degli italiani che in quegli anni utilizzano l’aereo. Ma è il canto del cigno. Arriva infatti la caduta libera di Alitalia dal 2002 al 2008, soprattutto nei tre anni di gestione di Giancarlo Cimoli, che lascia in eredità perdite per 7,2 miliardi di euro.

Inizia l’era dei prestiti-ponte (mai restituiti) e le cordate di salvataggio, come quella dei “capitani coraggiosi” voluta dal premier Silvio Berlusconi, per evitare che la compagnia di bandiera cadesse nelle mani di vettori stranieri. Ecco Alitalia-Cai (Compagnia Aerea Italiana) che segue la fusione mal condotta con Air One del Gruppo Toto.

Nei cinque anni che seguono Alitalia perde altri 2,8 miliardi e arriva lo “straniero”: l’araba Etihad promette cospicui investimenti per rilanciare la compagnia italiana, ma si rivela un’operazione-chimera che dura solo tre anni, durante cui si accumulano altre perdite per due miliardi. E si arriva così al 2017, con l’uscita di scena del vettore arabo e un commissariamento per fronteggiare un passivo di 6,5 miliardi di euro, di cui quasi quattro a carico della componente pubblica. La pandemia è l’ultima spallata al vettore, che nel 2021 chiude i battenti e porta alla nascita di Ita – Italia Trasporto Aereo.

LA RESURREZIONE SOTTO LA LENTE UE

La nuova creatura emette i primi vagiti l’11 novembre 2020 con il governo Conte bis, che le assegna in dote 20 milioni di euro, azionista unico il ministero dell’Economia. Il piano di volo è chiaro: tenere d’occhio i conti in attesa di un partner forte. L’imprimatur dell’Ue – che non vuole “un’Alitalia travestita” – arriva il 10 settembre 2021. Il battesimo nei cieli di Ita Airways il 15 ottobre sulla rotta Milano Linate-Bari. Anno nuovo, altro step: l’11 febbraio il governo Draghi fa scattare l’iter di privatizzazione. Ora manca solo il “partner forte”, ma è questione di tempo.

La svolta arriva il  con l’accordo Mef-Lufthansa, che prevede l’ingresso del Gruppo tedesco nel capitale di Ita con una fetta del 41% (pari a un aumento di capitale di 325 milioni), con l’opzione di acquisire il resto della torta, per un totale di 829 milioni.

Anelli pronti, ma per arrivare all’altare i due fidanzati dovranno affrontare una corsa a ostacoli. Serve l’ok dell’Ue, ma va preservata la concorrenza: Ita e Lufthansa devono procedere ai remedies, cioè indicare le aerolinee competitor alle quali consegnare 15 coppie di slot giornalieri per i voli intra-europei e le rotte nordamericane.

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Sembra una replica di “Aspettando Godot”, ma finalmente il 3 luglio 2024 Bruxelles dice sì. La scelta dei vettori ricade su easyJet, Air France e Iag, ma il 4 novembre ecco il colpo di scena: sui contratti manca l’autografo del Mef, che nega a Lufthansa uno sconto. Dopo una settimana di rifessione, il Mef firma l’11 sera e poco dopo le 20 di venerdì 29 l’Ansa batte: “L’Ue ha approvato le nozze tra Ita e Lufthansa”. Adesso è fatta.

Il 2025 porta il closing: gli sposi convolano a nozze il 15 gennaio. Cinque i membri del nuovo cda, Jörg Eberhart è il ceo, Sandro Pappalardo il presidente. Entro il 2029 Lufthansa potrà rilevare un ulteriore 49% versando altri 325 milioni e nel 2030 l’ultimo 10% con 79 milioni.

Così Ita-Lufthansa decolla, ma questo non significa che Alitalia non possa rinascere dalle proprie ceneri. Intanto trai nuovi assunti, a partire dal 2026, potrebbero rientrare gli ex Alitalia in Cigs: «È un bacino ricco di personalità, sarebbe sbagliato non tenere conto di questo potenziale», ha sottolineato Eberhart in sede di vernissage ufficiale della nuova dirigenza.

I commissari che hanno gestito le ultime fasi hanno chiuso la compagnia in amministrazione straordinaria, ma lo storico brand era stato rilevato da Ita quattro anni fa. Tanto che lo scorso settembre a Milano era stato lanciato il claim Ita Airways “inspired by Alitalia“: convitato di pietra, appunto, il marchio che ha rappresentato per decenni l’aviazione commerciale italiana. E che, chissà, potremmo rivedere librarsi nei cieli.

Andrea Lovelock e Fabrizio Condò

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