Pacchetti di viaggio, la sconfitta del fai da te

Pacchetti di viaggio, la sconfitta del fai da te
07 Febbraio 08:00 2020 Stampa questo articolo

Come tutti i fenomeni dirompenti, anche la rivoluzione digitale conosce battute d’arresto o addirittura arretramenti. Momenti in cui la filiera tradizionale del turismo organizzato trova chance di riscatto: secondo gli ultimi rilevamenti di Net-commerce, infatti, le prenotazioni e vendite online nel settore trasporti (aereo, treno, navi) e alberghiero hanno toccato il 62% e il 30% di share dei consumi turistici, con 15,5 miliardi di euro di fatturato, e – stando ai dati dell’Osservatorio sull’Innovazione digitale nel turismo del Politecnico – solo l’8% di questo volume di transazioni deriva da pacchetti di viaggio online.

Questo vuol dire che t.o. e agenzie di viaggi tengono botta rispetto alla disintermediazione che sta diffondendosi in altri comparti strategici del mondo dei viaggi. Il privarsi di consulenze e assistenze di soggetti qualificati ha rivelato tutti i suoi limiti e dalle organizzazioni in difesa dei consumatori si moltiplicano le controindicazioni e le avvertenze sulle falle che la disintermediazione può contenere. Sul banco degli imputati salgono le cosiddette piattaforme generaliste che contemplano ogni sorta di opzioni per l’organizzazione di un viaggio e in particolare i colossi delle prenotazioni aeree e alberghiere.

È di alcune settimane fa, ad esempio, l’ingiunzione provvisoria della Corte di Amburgo contro Skyscanner, rea di vendere biglietti aerei nascondendo le fee agli utenti-clienti; ma non solo: in caso di cambio orario o di cancellazioni di volo, il passeggero che ha finalizzato il suo acquisto su talune piattaforme non riceve da queste alcun preavviso, né supporto per eventuali alternative, con la conseguenza di dover acquistare altri titoli di viaggio. Nel caso di sistemazioni alberghiere, il Codacons ha certificato che il 31% delle segnalazioni raccolte nel 2019 ha riguardato scarsa igiene delle camere, non corrispondenza dei servizi illustrati online se non addirittura strutture fatiscenti o in costruzione.

Per non parlare dei fatti legati ad Airbnb che è dovuta correre ai ripari per contrastare lamentele legate alla pessima qualità delle camere o ad appartamenti danneggiati. Se a questi disagi si aggiungono smarrimento o ritardata consegna del bagaglio di viaggio, totale assenza di un interlocutore (probabile nei casi di prenotazioni online), è ovvio che si creino i presupposti della vacanza rovinata. Sempre Codacons, nell’annuale monitoraggio sul mondo dei viaggi e delle vacanze, ha certificato che lo scorso anno solo il 20% delle lamentele ha riguardato adv o t.o.; gran parte dei disservizi e disagi che hanno colpito i consumer, sono derivati da quel mercato parallelo e spesso sommerso del turismo disintermediato.

Si segue con attenzione il ruolo di colossi trasversali come Google o Amazon, soprattutto alla luce delle performance di Big G, ovvero 18 miliardi di dollari incassati dalle Ota. Ecco perché le nuove frontiere dell’A.I. possono dare alternative di rilancio alle imprese di viaggi: per un’agenzia, profilare il cliente con l’intelligenza artificiale, anticipandone le esigenze, è una soluzione innovativa.

Dall’Osservatorio del Politecnico emerge che il 92% delle adv raccoglie informazioni sui clienti in digitale e il 47% utilizza software di customer relationship management (Crm). In altre parole, se è vero che il patrimonio più ambito è costituito dai dati, è altrettanto vero che le relazioni umane, l’assistenza, la consulenza professionale rimangono plus che possono fare la differenza e difficilmente rovinano la vacanza.

L'Autore

Andrea Lovelock
Andrea Lovelock

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