Spinta sulle vacanze in Italia:
la promessa di Conte
Sì alle vacanze post Covid nel segno del tricolore. Parola di Giuseppe Conte, che ha promesso di lanciare in vista dell’estate una sorta di campagna “Viaggio in Italia” annunciando, per la prossima settimana, tavoli di confronto sul turismo.
Nel decreto Aprile, al varo nei giorni a venire, saranno inserite infatti misure per favorire l’industria turistica del nostro Paese. A confermarlo, ieri sera, è stato lo stesso premier riunito nella cabina di regia con gli enti locali. Il presidente del Consiglio ha risposto, in particolare, alle sollecitazioni del governatore siciliano Nello Musumeci garantendo di fare «ogni sforzo per recuperare tutto il possibile», anche perché il turismo «è un sentimento di orgoglio nazionale».
Le dichiarazioni di Conte sono state precedute, nel pomeriggio di mercoledì, dall’intervento al Question Time della Camera di Dario Franceschini, additato dai deputati dell’opposizione come “ministro del Turismo a sua insaputa”.
Seppur con approssimazione e senza quantificare alcunché, è stato lui ad anticipare alcune misure a sostegno del settore: in primis il Bonus Vacanze per i viaggi in Italia delle famiglie con reddito medio-basso.
«Non rilascio inutile interviste, non illudo il settore», ha detto l’esponente del governo incalzato dai parlamentari di Fratelli d’Italia e Forza Italia. «Il turismo internazionale sarà bloccato per chissà quanto tempo, così come i viaggi degli italiani all’estero. Per questo credo che le vacanze nel nostro Paese, da quando possibili, debbano essere sostenute con un grande investimento. Sto chiedendo risorse per questo», ha garantito il ministro.
Tra le richieste sul tavolo, annunciate da Franceschini, anche «un’estensione del credito di imposta sulle locazioni per gli alberghi e le strutture ricettive; tax credit legato alla perdita di fatturato di quest’anno rispetto all’anno scorso; estensione delle tutele ai lavoratori stagionali».
Tutte misure «in fase di preparazione, su cui i ministeri stanno dialogando». Mentre sulla richiesta dello stato di crisi per il turismo, Franceschini è stato a dir poco tranchant: «Capisco il valore politico di dire lo stato di crisi, ma perché dobbiamo raccontare cose inesatte? È uno strumento che si utilizza quando un settore va in crisi in una situazione di ordinarietà. In questo caso tutta l’Italia è in stato di crisi. Le misure che stiamo adottando sono tutte in deroga perché siamo in uno stato di emergenza generale».
Alle aziende del turismo, a detta del ministro, non interessano le dichiarazioni simboliche «ma norme e risorse che agevolino concretamente le loro difficoltà».
Difficoltà che, al momento, non sono affatto attenuate per una serie di ragioni. Tra queste i mancati accrediti sui conti correnti dei lavoratori di cassa integrazione e Fis (fondo di integrazione salariale), le difficoltà – da più parti denunciate – legate all’ottenimento dei finanziamenti garantiti dallo Stato, le incognite tuttora legate al decreto Aprile. Senza contare la mancanza di linee guida chiare per il ritorno all’operatività di strutture e mezzi di trasporto.