Confindustria teme il fermo del turismo invernale dello sci
Confindustria esprime tutta la sua preoccupazione sul fronte del turismo invernale, viste le notizie di stampa che della previsione di chiusura degli impianti sciistici, “un colpo di grazia all’economia della montagna che rischia di travolgere anche il settore alberghiero”.
Confindustria Alberghi ricorda infatti che “i risultati registrati questa estate, seppur molto distanti da ciò che avveniva in passato, hanno solo in parte restituito una piccola boccata di ossigeno insufficiente a un segmento, quello delle destinazioni sciistiche, che rischia di non sopravvivere all’assenza di ospiti nel periodo notoriamente più richiesto dell’anno, quello legato a Natale e Capodanno”.
In merito alle misure di sostegno fin qui previste, gli albergatori ribadiscono che non possono bastare ad affrontare una crisi del genere che continua ad allontanare il ritorno alla normalità e incide pesantemente sul fattore emotivo di chi viaggia.
“In questo particolare periodo dell’anno, quando le dinamiche di mercato non erano legate alla crisi epidemiologica – si legge nella nota – gran parte della domanda sia interna che internazionale aveva già programmato un periodo di vacanza presso una delle tante località di montagna italiane”.
La richiesta è di un irrobustimento degli interventi da parte del governo, visto che la crisi si sta inasprendo e prolungando e che le misure individuate sinora hanno arginato solo in parte le criticità del mondo alberghiero.
«Come operatori abbiamo sempre garantito sicurezza e tranquillità del soggiorno e le imprese hanno investito risorse importanti per adeguarsi agli standard richiesti e a tutte le misure di prevenzione – dichiara Maria Carmela Colaiacovo, vice presidente di Confindustria Alberghi – Per questo chiediamo un sostegno forte, strutturato per permetterci di sopravvivere e trovarci pronti e operativi nel momento in cui si potrà ripartire».
Sul rischio di piste chiuse interviene anche Federturismo Confindustria. «Siamo fortemente preoccupati per la linea rigorista adottata in queste ore dal governo – dichiarano la presidente di Federturismo Confindustria Marina Lalli e la presidente di Anef (Associazione Nazionale Esercenti Impianti a Fune) Valeria Ghezzi – Proprio alla vigilia dell’inaugurazione della stagione invernale e nonostante i rigidi protocolli di sicurezza adottati da tutti, gli operatori vedono imposta la chiusura degli impianti sciistici».
Lalli aggiunge che «il fatturato del turismo invernale sfiora i dieci miliardi di euro, di cui un terzo delle entrate si realizza proprio nel periodo compreso tra l’Immacolata e l’Epifania. La filiera che vive dell’industria della neve è lunghissima e comprende hotel, ristoranti, trasporti, scuole di sci che con la chiusura delle piste nel momento di loro massima attività rischiano di vedere bruciati fino a tre miliardi di euro. Comprendiamo la necessità di voler evitare di ripetere gli errori commessi l’estate scorsa, ma con il fermo degli impianti di risalita, purtroppo anche prevedendo un’apertura delle piste a metà gennaio, l’intera stagione sarà inevitabilmente compromessa».
Ghezzi entra nel merito della questione comprendendo la gravità dell’emergenza in atto e l’attenzione primaria che deve essere rivolta alla salute, ma chiedendo «di essere ascoltati come categoria e di essere trattati come gli altri settori e cioè in base all’andamento del contagio. Non chiusi a priori. Un operaio degli impianti ha come obiettivo primario la sicurezza del trasporto, non il divertimento. Non identifichiamo lo sci quale attività sportiva con la movida perché è un gravissimo errore. Come avvenuto Oltralpe, chiediamo al governo di confrontarsi con noi per capire la vera natura della nostra attività. Le recenti dichiarazioni del governo arrivate a noi solo via stampa rischiano di far crollare l’intero comparto».
Le aziende funiviarie in Italia sono oltre 400, con 1.500 impianti di risalita serviti da circa 3.200 km di piste, che per il 72% sono dotate di innevamento programmato che richiede oltre 100 milioni di euro: all’inizio della stagione invernale le società impianti hanno sostenuto il 70% dei propri costi per aprire in sicurezza (di trasporto e gestione e non solo sicurezza Covid). Il comparto montagna, nel solo arco alpino, offre lavoro a oltre 120mila persone (la maggior parte delle quali stagionali). La chiusura sarebbe drammatica per gli impianti e, a catena, tutte le attività/strutture collegate: hotel, rifugi, ristoranti, attività commerciali, maestri di sci, noleggi.
«Abbiamo pronte tutte le procedure per evitare le code alle casse per l’acquisto degli skipass, agevoleremo il più possibile l’acquisto dei biglietti e degli abbonamenti online. Faremo poi girare gli impianti alla massima velocità prevista, per far salire le persone più rapidamente e limitare ancora di più le code all’ingresso», spiega Ghezzi.
le associazioni ricordano infine che svolgere attività sportiva all’aperto ha indubbi effetti positivi sulla salute del corpo e della mente. “Se vissuto con responsabilità, lo sci è uno degli sport più sicuri da questo punto di vista: individuale, distanziato, all’aria aperta, con naso e bocca spesso coperti”, concludono.