Gli hotel italiani valgono 116 miliardi: il report World Capital
Il valore del patrimonio immobiliare italiano resiste alla crisi e ammonta a 116,3 miliardi di euro, facendo segnare solo un -1,5% rispetto al periodo pre Covid e con uno share percentuale per macro-zona suddiviso per il 54,5% al Nord; il 25,8% al centro e il restante 19,6 al Sud Italia. È questo lo scenario emerso dal nuovo Rapporto sul Patrimonio Immobiliare Alberghiero, realizzato dal dipartimento di Ricerca di Wcg-World Capital Group insieme a Pkf Hotelexperts hospitality group, in collaborazione con Nomisma, Rics, Associazione Italiana Confindustria Alberghi e Federalberghi Roma.
Nonostante gli effetti causati dalle restrizioni al turismo nella fase più critica della pandemia, quindi, il mercato hospitality in Italia si è dimostrato resiliente. Nel dettaglio, l’impatto maggiore ha interessato le strutture ricettive 3 stelle sia pur in misura, come abbiamo visto, non determinante. Interessante notare poi che l’emergenza ha rappresentato l’occasione per la ristrutturazione e riconversione di molte strutture appartenenti a tale categoria in hotel a 4, e in alcuni casi a 5, stelle.
I valori relativi agli hotel di lusso, invece, sono stati decisamente stabili rispetto al periodo pre-emergenziale, e in alcuni casi sono stati osservati perfino degli incrementi. Soffermandoci sulle stime del patrimonio immobiliare alberghiero suddiviso per ogni cluster, dal Rapporto emerge che il segmento città registra un valore pari a 36 miliardi di euro, in piena stabilità rispetto al periodo pre pandemia.
Per quanto riguarda la Top 10 delle città è Roma, con un patrimonio immobiliare alberghiero di circaa 12,8 miliardi, a posizionarsi al primo posto. Segue Milano con un patrimonio immobiliare stimato di circa 7 miliardi di euro, Venezia (6 miliardi) e Firenze (3,4 miliardi).
Spostandoci sul cluster mare, nella sua totalità esso ha un valore pari a 17,7 miliardi di euro, in lieve diminuzione rispetto al 2020 (-5,3%). Tra le località di mare analizzate è la Campania a posizionarsi al primo posto della top 10 del cluster per le strutture ricettive 4 e 5 stelle.
Infine, focalizzandoci sul cluster montagna, tale segmento registra un valore totale pari a 3 miliardi di euro, in forte diminuzione rispetto al periodo pre pandemica (-19%).
Questa edizione del Rapporto , infine, ha avuto un focus sul valore di locazione delle strutture ricettive nelle prime location italiane e sulle nuove aperture.
Riguardo i canoni di locazione emerge che il valore immobiliare medio degli hotel di lusso con almeno 200 stanze è più alto a Venezia ed è pari a 59 euro/mq, mentre quello degli hotel di lusso con più di 200 stanze è più alto nella città di Milano ed è pari a 36 euro/mq.
Firenze è la città dove il valore immobiliare medio degli hotel con almeno 200 stanze è più alto ed è rispettivamente di 71 euro/mq per le strutture di fascia alta, di 45.5 euro/mq per quelle di fascia media e di 27 euro/mq per quelle di fascia economica. Infine, il valore immobiliare medio degli hotel con più di 200 stanze è maggiore a Roma.
Per quanto riguarda invece le nuove aperture, l’interesse nel comparto alberghiero italiano resta molto alto. La strategia adottata dagli investitori è quella di approfittare di questo periodo di transizione per ristrutturare e rinnovare le strutture esistenti e creare nuovi prodotti. Al momento sono in corso 819 attività di ristrutturazione e nuova costruzione, di cui il 65% sarà ultimato entro la fine del 2022. Di queste attività il 71% è costituita da attività di nuova costruzione.
Tra le nuove aperture previste per l’anno prossimo, ci sono il Bulgari Hotel Roma, che sorgerà nel cuore del rione Campo Marzio, a pochi minuti dalla scalinata di Trinità dei Monti, da Via del Corso e dalla celebre boutique capitolina di Via dei Condotti. La struttura occuperà uno splendido palazzo modernista degli anni ’30, affacciato sull’Ara Pacis e il Mausoleo di Augusto. L’hotel ospiterà oltre 100 camere, in maggioranza suite, insieme al prestigioso Il Ristorante – Niko Romito e Il Bulgari Bar.
Per Mattia Danese, head of hospitality di Wcg- World Capital Group, «gli incentivi governativi, la voglia di riguadagnare terreno degli albergatori sommata alla domanda ricettiva in ripresa sta rimettendo le basi per un comparto in ascesa e solido Nonostante gli effetti della pandemia, il settore hospitality si sta dimostrando resiliente. L’interesse per questa asset class continua a persistere, a confermarlo le nuove aperture in pipeline previste per i prossimi mesi, come per esempio la famosa catena alberghiera Six Senses, che farà il suo debutto in Italia il prossimo autunno, precisamente nella città di Roma».
«Stiamo uscendo da due anni di pandemia e la guerra in Ucraina sta complicando le cose, ma il mercato immobiliare alberghiero sta tenendo soprattutto in alcune importanti città come Milano e Venezia e famose destinazioni turistiche come Cortina, la Toscana e la Puglia” – commenta Giorgio Bianchi, managing director head of Italy di Pkf hospitality group – c’è un interesse forte del mercato verso destinazioni che un tempo erano considerate secondarie e che adesso vengono chiamate “alternative” come Trieste, Genova e Bari. I temi del rinnovamento, del rilancio dell’offerta con nuovi format e concepts e della sostenibilità sono fondamentali ed imprescindibili ora e per i prossimi anni».
«Siamo davanti ad una tiepida ripresa – commenta Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma – A febbraio speravamo di uscirne prima da questa lunghissima crisi, ma i venti di guerra hanno gelato gli entusiasmi, mai come ora purtroppo crediamo che l’orizzonte della ripresa vera, quindi il ritorno ai fatturati 2019, non potrà avvenire prima del 2024. Ci aspettano ancora anni difficili e probabilmente senza nessun aiuto di Stato».