Wttc, re Burgio a Riyadh: «Manca l’Italia»
Tra i pochissimi italiani che hanno partecipato al Global Summit di Riyadh, l’appuntamento annuale organizzato dal Wttc, World Tourism and Travel Council, l’amministratore delegato di Alpitour World, Gabriele Burgio. Ecco come ha risposto alle domande de L’Agenzia di Viaggi Magazine, che lo ha incontrato e intervistato poco prima che rientrasse in Italia.
Come spiega che fra le 3mila persone che stanno partecipando a questo evento, lei sia uno dei pochissimi italiani? Eppure dovrebbe essere un’occasione per incontri interessanti.
«Le confermo che si tratta di un evento molto importante: noi stiamo tornando a casa con 170 biglietti da visita! Ma c’è da tener conto che il tessuto produttivo italiano, anche nel turismo, è fatto di piccole e medie aziende. Il ché è anche una ricchezza. Ma partecipare a questi eventi ha inevitabilmente un costo che solo aziende di certe dimensioni si possono permettere. Consideri che io sono invitato sempre all’Ihif di Berlino (International Hotel Investment Forum) dove siamo ormai più di 2mila, e anche all’ultima edizione io ero l’unico italiano a parlare».
Ma qui a Riyadh, dall’Italia non sono venuti nemmeno i politici. E dire che gli organizzatori sono riusciti a far partecipare, tutti insieme, qualche decina di ministri del turismo da tutto il mondo.
«Sì, e questa non è una novità. Quando legge sul Financial Times i reportage sui grandi eventi internazionali, sulla moda, sull’energia, i trasporti, noi siamo presenti forse per l’1-2%».
E secondo lei questo ci penalizza? O, magari, la politica italiana utilizza altri canali?
«Ci penalizza eccome. Anche perché le opportunità che noi ci lasciamo sfuggire, ci sono altri pronti a coglierle. È come per i Mondiali di calcio: se l’Italia non partecipa, gli altri dicono di essere dispiaciuti. Ma in realtà, sanno di avere un concorrente temibile in meno».
E quanto è, invece, l’evento a essere penalizzato dalla nostra assenza? Cioè: l’Italia è comunque un brand molto forte nel turismo mondiale. Forse, anche gli organizzatori del Wttc sentono la nostra mancanza.
«Verissimo. In tutte le indagini che vengono fatte sulle mete più desiderate dai turisti di tutto il mondo, l’Italia è sempre al primo o secondo posto. Quando arrivò l’ex ministro del Turismo Massimo Garavaglia, gli dissi che avremmo dovuto cercare di portare il Global Summit in Italia. E consideri che bisogna presentare la candidatura con due o tre anni di anticipo».
Come per le Olimpiadi. Perché portare 2-3mila persone che hanno un peso importante nel settore turistico, ha indubbiamente dei vantaggi concreti per il Paese che ospita l’evento.
«Sì, la maggior parte delle 3mila persone che sono qui, stanno scoprendo in quest’occasione l’Arabia Saudita come destinazione turistica».
Ecco, Alpitour è arrivata decisamente prima degli altri. Voi avete siglato un accordo strategico il mese scorso con il loro ministero del Turismo.
«Sì, perché per arrivare all’obiettivo che si sono fissati per il 2030, cioè 800 milioni di turisti, devono avere un partner per ogni Paese. E per l’Italia hanno scelto noi».
In cosa si concretizza questa collaborazione?
«Loro non si aspettano solo che mandiamo qui i nostri clienti, ma anche di avere dei suggerimenti su come definire il prodotto da offrire sul mercato italiano. Quando mi hanno detto che vogliono puntare solo su sei e sette stelle, ho risposto: “Sì, però vista la dimensione della ricchezza italiana, con un’offerta di questo genere di italiani ne vedrete pochi”. Loro puntano sul Mar Rosso, dove hanno la concorrenza di Sharm El Sheikh».
Ma il confronto è improponibile: in Egitto si va con 1.000 euro per una settimana tutto incluso, mentre qui spendi 1.000 euro per dormire una sola notte.
«Infatti dovranno integrare la loro offerta. Devono scegliere: o puntano sui volumi, oppure cercano la super qualità e i super prezzi».