Venezia, nuovo affondo di Ryanair: “No all’aumento delle tasse”

Venezia, nuovo affondo di Ryanair: “No all’aumento delle tasse”
20 Luglio 12:59 2023 Stampa questo articolo

È ancora scontro tra Ryanair e il Comune di Venezia: alla base del contrasto l’aumento delle tasse per chi parte dall’Aeroporto Marco Polo. Secondo la low cost, gli incrementi – pari al 38% (2,50 euro) – sono eccessivi e si aggiungono alla tassa di 6,50 euro già in vigore, rendendo lo scalo lagunare il più costoso d’Italia.

Ryanair chiede dunque l’eliminazione di tale aumento: tale appello segue la decisione del Consiglio di Stato di martedì 18 luglio di rinviare la sentenza sulla legittimità degli incrementi fino al 30 novembre 2023, “creando incertezza sia per le compagnie aeree che per i passeggeri”, si legge nella nota del vettore irlandese.

Proprio in ragione di ciò, la compagnia aerea d’Irlanda ha già rimosso dal Marco Polo un aeromobile e chiuso sei rotte, riallocando questa capacità “in città concorrenti in Spagna e Portogallo che non hanno questa tassa penalizzante per le stagioni summejr e winter 2023”, aggiunge la nota, che rimarca inoltre come “il ritardo del Consiglio di Stato possa ostacolare anche l’operativo estivo 2024 sul Marco Polo”.

Le sei rotte chiuse da Ryanair su Venezia sono: Alghero, Colonia, Bournemouth, Helsinki, Norimberga e Fuerteventura.

Il country manager di Ryanair per l’Italia, Mauro Bolla, ha dichiarato: «Ryanair chiede al Comune di Venezia di revocare la decisione di aumentare l’addizionale municipale a 9 euro per passeggero dal 30 maggio. Questo eccessivo incremento delle tasse ha già costretto Ryanair a rimuovere un aeromobile basato e chiudere sei rotte da e per l’aeroporto Marco Polo di Venezia. Il rinvio del Consiglio di Stato sulla decisione di questo aumento non fa altro che creare incertezza sia per le compagnie aeree che per i passeggeri. I cittadini e visitatori di Venezia meritano più connettività, scelta e tariffe basse senza essere lasciati in attesa della sentenza del Consiglio di Stato per altri quattro mesi in mancanza di una ragione apparente».

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