Stallo sulle concessioni balneari: l’Ue attende, Meloni prende tempo
Torna alla ribalta la querelle sulle concessioni balneari: dopo la lettera del Presidente della Repubblica sul riordino del commercio ambulante, in cui è stato fatto riferimento anche a una sua missiva di febbraio dove si richiedeva una rapida soluzione della vicenda (il governo deve fornire una risposta alla Commissione Ue entro il 16 gennaio), la premier Giorgia Meloni, nella sua conferenza stampa, ha fatto intendere di voler prendere altro tempo, senza però entrare nel merito di cosa effettivamente intenda fare per rispettare tempi e dettami europei.
A dire il vero la presidente del Consiglio si è limitata a ricordare che «questo governo ha fatto un lavoro che i precedenti governi non avevano fatto, ovvero la mappatura delle nostre coste per stabilire se esista o no il principio della scarsità del bene, fondamentale per l’applicazione della direttiva Bolkestein. Questo monitoraggio non era stato fatto e noi lo abbiamo portato a termine velocemente, facendo un lavoro serio e ora l’obiettivo è una norma che ci consenta di mettere ordine alla giungla di interventi che si sono susseguiti, che necessita di un confronto con la Commissione europea, per arrivare scongiurare la procedura d’infrazione e al tempo stesso di dare certezza agli operatori di questo comparto, che è sempre stata una delle nostre priorità. Quindi questo è il lavoro che stiamo facendo e che riteniamo sia davvero urgente».
La premier ha sostanzialmente glissato sul fatto che quella mappatura compiuta in tempi molto brevi ha generato non poche perplessità poiché, nell’asserire che il 67% di spiagge considerate libere e assegnabili con gare, non completa l’esposizione della realtà dei fatti, ovvero che quel monitoraggio geografico include in realtà lunghissimi tratti di costa rocciosi e inaccessibili, di scarso appeal turistico, e che quindi risulta una documentazione risibile agli occhi della Commissione Ue.
C’è poi la realtà di questi ultimi mesi, con alcune Regioni in fortissimo ritardo sulle procedure dei bandi richiesti dalla Ue, e altre Regioni come l’Emilia Romagna che sono già pronte ad avviare le assegnazioni con regolari iter secondo i dettami Ue.
Il fatto certo è che, nonostante l’urgenza di un confronto con l’Ue, auspicato dalla stessa premier Meloni e il persistente pressing delle lobby dei balneari, è il tempo a giocare contro: perché questa “melina” portata avanti non giova a favore del nostro Paese. E c’è la sensazione sempre più accentuata che si voglia spostare il calendario delle decisioni definitive al dopo-elezioni europee. Ma anche questa tattica potrebbe rivelarsi pericolosa e rendere inevitabile la procedura d’infrazione dai costi salati per l’Italia, oltre a una perdita di punti nella credibilità del nostro sistema Paese.