L’economia non è in crisi.
E se lo dice l’outlook Wef
Una crescente sensazione di cauto ottimismo. Si può sintetizzare così il contenuto dell’ultimo Chief Economists Outlook del 29 maggio diffuso dal World Economic Forum.
Oltre otto economisti esperti su dieci (l’82%) prevedono che quest’anno l’economia globale si rafforzerà o tuttalpiù rimarrà stabile. La percentuale chi prevede un peggioramento delle condizioni globali è scesa dal 56% di gennaio al 17% attuale.
Ma le tensioni geopolitiche e politiche interne offuscano ancora l’orizzonte. Circa il 97% degli intervistati prevede che la geopolitica contribuirà alla volatilità economica globale quest’anno. Un ulteriore 83% ritiene che anche la politica interna sarà fonte di volatilità nel 2024, anno in cui quasi la metà della popolazione mondiale sarà chiamata al voto.
«L’ultimo Chief Economists Outlook indica segnali positivi ma timidi di miglioramento nel clima economico globale – ha affermato Saadia Zahidi, amministratore delegato del World Economic Forum – Ciò sottolinea il panorama sempre più complesso in cui i leader si stanno muovendo. C’è un urgente bisogno di politiche che non solo cerchino di rilanciare i motori dell’economia globale, ma cerchino anche di gettare le basi per una crescita più inclusiva, sostenibile e resiliente».
Una buona notizia anche per chi si occupa di turismo. Lo stesso Wef nei giorni scorsi ha inserito l’Italia nella top ten del travel globale.
CRESCITA DISOMOGENEA
Le aspettative di crescita sono migliorate, anche se in modo disomogeneo, in tutto il mondo. Buone le prospettive degli Stati Uniti, dove quasi tutti i principali economisti (97%) si aspettano ora una crescita da moderata a forte quest’anno, rispetto al 59% di gennaio.
Anche le economie asiatiche appaiono robuste, con tutti gli intervistati che prevedono una crescita almeno moderata nelle regioni dell’Asia meridionale, dell’Asia orientale e del Pacifico. Le aspettative per la Cina sono leggermente meno ottimistiche, con tre quarti che prevedono una crescita moderata e solo il 4% che la prevede forte.
Rimangono invece cupe le prospettive per l’Europa, con quasi il 70% degli economisti che prevede una crescita debole per il resto del 2024.
LE SFIDE PER I DECISORI
Il Chief Economists Outlook di maggio evidenzia le crescenti sfide che le imprese e i politici devono affrontare. Le tensioni tra le dinamiche politiche ed economiche rappresenteranno quest’anno una sfida crescente per i decisori, secondo l’86% degli intervistati, mentre il 79% si aspetta che una maggiore complessità peserà sui processi decisionali aziendali. Tra i fattori che lo influenzeranno: lo stato di salute generale dell’economia globale (citato dal 100%), la politica monetaria (86%), i mercati finanziari (86%), le condizioni del mercato del lavoro (79%), la geopolitica (86 %) e politica interna (71%). In particolare, il 73% degli economisti ritiene che gli obiettivi di crescita delle aziende guideranno il processo decisionale, quasi il doppio della percentuale che ha citato il ruolo degli obiettivi ambientali e sociali (37%).
PROSPETTIVE A MEDIO-LUNGO TERMINE
La maggior parte degli economisti è ottimista riguardo alle prospettive di una ripresa sostenuta della crescita globale, con quasi il 70% che prevede un ritorno alla crescita del 4% nei prossimi cinque anni; il 42% accorcia la previsione a tre anni.
Nei Paesi ad alto reddito, ci si aspetta una crescita guidata dalla trasformazione tecnologica, dall’intelligenza artificiale e dalla transizione verde ed energetica. Le opinioni invece sono divise sull’impatto di questi stessi fattori nelle economie a basso reddito.
Vi è maggiore consenso sui fattori che costituiranno un freno alla crescita, con la geopolitica, la politica interna, i livelli di debito, il cambiamento climatico e la polarizzazione sociale che dovrebbero frenare lo sviluppo delle economie ad alto e a basso reddito.
In termini di leve politiche che con maggiore probabilità favoriranno l’andamento positivo dei prossimi cinque anni, le più importanti sono: innovazione, sviluppo delle infrastrutture, politica monetaria, istruzione e competenze. Si ritiene che le economie a basso reddito abbiano più da guadagnare dagli interventi relativi alle istituzioni, ai servizi sociali e all’accesso ai finanziamenti rispetto alle economie ad alto reddito. Vi è una notevole mancanza di consenso sull’impatto delle politiche ambientali e industriali sulla crescita.
Giornalista professionista, redattore. Specialista nel settore viaggi ed economia del turismo e delle crociere dopo varie esperienze in redazioni nazionali tv, della carta stampata, del web e nelle relazioni istituzionali
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