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A casa di Frida Khalo nel Messico ribelle

Frida

Una brezza muove le foglie nell’ampio cortile. Si infila tra le finestre e diventa melodia con il blu intenso delle pareti a fare da palcoscenico. Come se l’intera casa, le pareti, perfino le pietre dei laghetti, emanassero una energia strana, forte, ribelle. Qui Frida è cresciuta, qui Frida ha dipinto i suoi quadri grazie a uno specchio attaccato al soffitto del letto a baldacchino o seduta su una sedia a rotelle, qui Frida ha amato e odiato il suo Diego e qui, ancora oggi, si trovano le ceneri di una delle donne più forti e famose del Messico. La Casa Azul, ovvero il museo dell’artista Frida Kahlo si trova a Coyoacan, quartiere bohemienne di Città del Messico.

Visitare la sua dimora è una tappa obbligata per chi arriva in questa Capitale enorme, vibrante, dal traffico paralizzante e con wifi ovunque. Una città dove si respira ancora forte la cultura azteca e i resti della dominazione spagnola, ma che allo stesso tempo è proiettata verso il futuro con progetti di riqualificazione urbana e ristoranti alla moda che spuntano come funghi.

A Coyacan, però, sembra che il tempo si sia fermato con Frida. Arriviamo qui in metro, cambiando tre stazioni, una interamente dedicata a Emiliano Zapata, eroe della rivoluzione messicana. La vita scorre tranquilla, si passeggia tra le stradine eleganti del quartiere che portano nomi come Berlino, Vienna, Londra, nel parco dove Frida e Diego trascorrevano momenti romantici, nella deliziosa piazzetta che è il cuore del barrio circondata dalle jacarande in fiore e piccoli negozietti e caffè.

Non lontano da qui si trova anche la casa dove fu ucciso il rivoluzionario russo Leon Trotsky, rifugiato in Messico. Ha ancora le finestre murate e il filo spinato lungo il muro di cinta. Seguendo il city tour “Los pasos de Frida”, da Coyacan si va al centro storico della città, conosciuto come il Zocalo. Il maestoso edificio della Segreteria dell’educazione pubblica (ingresso libero. Aperto da lunedì al venerdì), raccoglie ben 233 murales di Diego Rivera, realizzati dal 1923 al 1928, che raccontano la storia messicana e qui Frida, ancora studentessa, veniva a sbirciare l’artista all’opera. I murales, che si sviluppano lungo i corridoi e le scale di due piani, ricoprono tutte le pareti e in uno di questi viene rappresentata la stessa pittrice. Poco distante, presso il collegio di Sant’Idelfonso, dove Frida studiava, c’è l’auditorium Bolivar dove i due si incontrarono per la prima volta sotto i ponteggi dello splendido affresco “La creazione”, realizzato da Diego.

Lei aveva solo 15 anni ed era affascinata da quell’uomo grosso e geniale. Apriamo l’ampio portone di legno e una melodia struggente arriva dritta sul viso. Dei giovani compositori si stanno esercitando sul palco. Proviamo a chiudere gli occhi per immaginarli lì, tanti anni fa, quando “L’elefante e la colomba” si scambiarono il loro primo sguardo. Una miccia per un fuoco che ancora oggi arde in ogni angolo di Città del Messico.

ESPERIENZE INDIGENE CON RUTOPIA. Fare turismo aiutando le popolazioni locali. È l’obiettivo di due giovani messicani under 30, Emiliano e Sebastian, un disegnatore industriale e un laureato in ingegneria, che nel 2017 hanno fondato Rutopia, impresa sociale che supporta le comunità indigene a vendere esperienze uniche per far scoprire il Messico più autentico. Si va dall’incontro con le “mujeres milenarias” a Oaxaca, a quello con le comunità locali in Chiapas, in totale oltre 400 progetti ecoturistici che permettono di reinvestire nel territorio. A Città del Messico, ad esempio, Marco Polo ci ha guidato lungo i canali di Xochimilco e le chinampas, i giardini galleggianti costruiti dagli aztechi, su un barca colorata. Qui la sua famiglia combatte per mantenere quei canali puliti e preservare gli ajolote, piccole salamandre capaci di rigenerare qualsiasi parte del loro corpo. Vivono solo qui, oggi sono in via di estinzione.

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