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A Venezia gli Stati Generali del turismo outdoor

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Tutto pronto per gli Stati generali del turismo outdoor, organizzati dal Cai (Club Alpino Italiano) il prossimo fine settimana all’isola di San Servolo, a Venezia. Sabato e domenica, oltre 60 esponenti delle istituzioni, delle imprese e delle associazioni di categoria si confronteranno per scambiare buone pratiche e condividere le linee guida sulla governance dei cammini e della rete escursionistica italiana.

«Sono contento della risposta che abbiamo avuto, perché tutte le sigle del settore e gli operatori hanno aderito con entusiasmo – osserva il presidente del Cai Antonio Montani – Significa che c’era necessità di trovarsi, confrontarsi e mettere in comune le esperienze. Spesso si parla di “fare rete” e tante volte rimane un concetto astratto. Questo, invece, è un modo per concretizzarlo e trovarsi a discutere delle problematiche e delle opportunità che questo settore ha».

Per non disperdere il confronto in una discussione dai confini molto ampi, il Club alpino italiano ha deciso di concentrarsi sul mondo dei cammini: «Abbiamo dovuto stringere l’obiettivo – spiega Montani – Il turismo outdoor non è solo cammino, ma il cammino è una componente indispensabile».

Ma di cammini il Cai è certamente tra i massimi esperti: «Ci siamo sempre occupati della manutenzione dei sentieri – ricorda Montani – e noi insistiamo nel dire che la rete sentieristica è l’infrastruttura sulla quale poggiano tutti i cammini. Da qui il focus della due giorni su sentieri, rifugi e accoglienza, perché bisogna far comprendere sempre più agli enti pubblici che, se si vuole veramente spingere verso questo tipo di turismo, bisogna anche investire sulle infrastrutture che lo rendono possibile: non soltanto al governo, che sarà presente in maniera massiccia a Venezia, ma anche a Comuni eRegioni».

I ragionamenti non possono che partire da un’analisi dello stato dell’arte: «Sui sentieri la situazione è eccezionale e drammatica allo stesso tempo – sostiene Montani – Su 180.000 chilometri attualmente ce ne sono 140.000 mappati e inseriti nel catasto nazionale fatto dal Cai su incarico del ministero del Turismo. Dei 180.000 chilometri, poco meno della metà sono mantenuti dal Cai. È una cosa eccezionale, perché viene fatta con il lavoro dei volontari, ma è anche l’aspetto più drammatico perché, se si vuole investire in questo tipo di turismo, è necessario un intervento pubblico, come si sta iniziando a vedere».

Non solo a livello nazionale, ma anche locale. «Bisogna insistere anche sui singoli Comuni – insiste il presidente del Cai – Sappiamo benissimo che hanno difficoltà di bilancio e fanno fatica a mantenere anche le strade, ma deve esserci lo sforzo di capire che, a volte, il sentiero è importante quanto la strada».

In questo percorso il Cai si ritaglia il ruolo di regista. «Fra tutte le realtà che si troveranno a Venezia – puntualizza Montani – siamo gli unici a non avere interessi economici diretti, nel senso che non facciamo attività commerciale in nessun modo, però, da sempre, abbiamo una doppia attenzione: quella per la protezione ambientale e quella del sostegno alle popolazioni di montagna. Questo tipo di turismo, non soltanto outdoor, ma un turismo responsabile, sensibile, attento è il modello di turismo unico che riteniamo possibile per uno sviluppo corretto della montagna. Il nostro turismo outdoor va declinato con le lenti della sostenibilità. Il sistema dei cammini è un modello da riproporre, perché non ne beneficiano solo i fruitori, ma anche chi vive sui territori. E questo per noi è fondamentale».

In tutto questo, l’attività del Cai si concentra anche sulla formazione: «È nel nostro oggetto sociale fin dalla nascita – nota Montani – facciamo formazione in maniera massiccia: nel 2024 abbiamo superato i 356.000 soci, siamo una grande associazione che attraverso i suoi volontari titolati fa attività di formazione a tutte le persone che si avvicinano al mondo della montagna. Un approccio alla montagna attento, non soltanto con scopo sportivo, ma anche culturale e con un occhio alla protezione ambientale».

Ci vuole però una legge nazionale per fare chiarezza su che cosa possa essere definito rifugio e che cosa no. È il percorso suggerito dal presidente generale del Cai: «Sono all’ordine del giorno notizie di rifugi che deragliano dalla loro funzione e vanno verso un’accoglienza di lusso, proposte non proprio in linea con il termine: oggi chiamiamo tutto indistintamente rifugio. Ecco, vorremmo arrivare a evitare questa situazione. Il rifugio merita delle deroghe in funzione della posizione in cui sorge, delle difficoltà di approvvigionamento, dell’essenzialità del servizio che viene dato. Altri tipi di accoglienza no».

Altra priorità rilanciata dal Cai è l’istituzione di un Osservatorio indipendente sul turismo outdoor, guidato dallo stesso Cai e da Enit per fare ordine sul mondo dei “cammini”. Per il presidente del Cai, infatti, uno dei principali problemi del settore è che «oggi i dati esistenti in parte arrivano da ricerche universitarie spesso molto di settore e segmentate, in parte vengono forniti dagli stessi gestori dei cammini che possono avere qualche interesse a “tirare su i numeri” nel momento in cui si entra in una logica di ottenimento di contributi economici»

«La sensazione che abbiamo avuto – conclude Montani – è che, nel proliferare di tutti i cammini, ce ne sia una gran parte assolutamente meritevole, ma anche alcuni nati per buona volontà e che, però, si svuotano nel momento in cui finisce il finanziamento. Questo non fa bene al mondo dei cammini». Serve quindi  fare pulizia in maniera scientifica e l’Osservatorio deve nascere proprio con questo obiettivo.

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