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Addio voucher, passo indietro verso il sommerso

Dopo aver proposto un primo testo in cui l’abolizione riguardava essenzialmente le imprese con dipendenti, e limitava fortemente l’utilizzo alle imprese senza dipendenti, con l’unica eccezione di quelle agricole, la Commissione Lavoro della Camera ha deciso di approvare l’eliminazione totale dei voucher, votando a favore dell’emendamento che abroga gli articoli 48, 49 e 50 del Jobs Act.

La perplessità di chi opera nel settore turismo e nel settore congressuale, dove i voucher erano essenzialmente utilizzati per le prestazioni occasionali, come le hostess di sala nei convegni, è come continuare a operare e a mantenere gli impegni presi, soprattutto in termini di costi, davanti a questa nuova improvvisa modifica.

Nell’emendamento c’è la proposta di un breve periodo transitorio – fino al 31 dicembre 2017 – in cui si potrà continuare a utilizzare i buoni lavoro già acquistati. Ora il governo dovrebbe tradurre la decisione della Commissione in un decreto: da quel giorno i buoni lavoro non potranno più essere venduti.

L’addio ai voucher è una non-scelta, e soprattutto è un passo indietro importante nel mercato del lavoro. “L’idea di cancellare i voucher, dopo averne ampliato il campo di applicazione, è espressione di una linea oscillante tra timide aperture alla realtà delle cose e repentini ritorni alle battaglie squisitamente simboliche. Ieri le collaborazioni, oggi i voucher, ha scritto Maurizio Sacconi, presidente della Commissione Lavoro del Senato, sul blog dell’Associazione Amici di Marco Biagi.

E proprio questo ci dovrebbe far riflettere. Sarebbe stato sufficiente non aver toccato gli articoli della legge Biagi su lavoro occasionale e voucher per far sì che l’uso dei voucher restasse nell’alveo del vero lavoro occasionale, così come lo aveva pensato e ben inquadrato proprio Marco Biagi. Ma, certo, lui era un giuslavorista e non certamente un politico.

Resta la considerazione di una scelta frettolosa che danneggia le imprese, soprattutto quelle piccole, e i lavoratori. Basta guardare i numeri: 134 milioni di voucher venduti nel 2016, che sembrano tanti, ma sono poco meno dell’1% della decina di miliardi di ore di lavoro complessive registrate in Italia in un anno. Una scelta frettolosa, dunque, e priva di un confronto su chi e a cosa sono serviti in questi anni i voucher.

Il lavoro non regolarizzato c’era prima e ci sarà anche dopo l’abolizione dei voucher, che sarà solo l’ennesimo ostacolo che le imprese troveranno sul loro cammino. Di fatto si toglie, così, l’opportunità di una semplificazione degli adempimenti burocratici e amministrativi nei casi di lavoro occasionale.

Forse serviva altro, magari semplicemente una riflessione condivisa.

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