Aeroporti “cenerentola” del Pnrr, nonostante i diktat green
«Perché questo settore è stato penalizzato e non è stato incluso nel Pnrr rispetto ad altri sistemi di trasporto?», la domanda che si pone il presidente di Enac, Pierluigi Di Palma, sintetizza il problema che si trovano di fronte le infrastrutture aeroportuali nel quadro imposto dall’Europa sulla transizione ambientale sostenibile.
A sostegno di un corretto dibattito sugli sforzi fatti fino ad oggi, Assaeroporti ha presentato il rapporto Iccsai sugli investimenti dei gestori aeroportuali per abbattere 58.000 tonnellate di CO2 l’anno. La ricerca è stata illustrata nel corso del convegno di Assaeroporti dal titolo “Aeroporti Italiani la sfida green e digital”.
Secondo lo studio per ogni tonnellata di emissioni di CO2 occorre investire 649 euro. Un valore che attesta quanto sia oneroso l’investimento per le società aeroportuali che non sono supportate dalle istituzioni.
A questo si associano gli investimenti per la digitalizzazione orientata ai servizi per il passeggero che, secondo gli aeroportuali, smaltendo un po’ di burocrazia, potrebbero divenire un modello all’avanguardia da esportare in altri ambiti.
Gli aeroportuali si sentono dunque vittima di un’ingiusta esclusione, visto che a livello europeo il settore del trasporto aereo genera circa il 3,2% delle emissioni complessiva che corrisponde a circa il 13,2% delle emissioni dell’intero settore trasporti. Gli aeroporti europei hanno inoltre aderito al programma Airport Carbon Accreditation e in Italia abbiamo addirittura un primato in questo senso, con 15 adesioni che rappresentano l’85% del traffico aereo italiano.
Dietro questa pianificazioni ci sono una serie di missioni in ottica di transizione green che vanno dalla sostenibilità degli edifici, dell’energia, delle postazioni di ricariche elettriche, dei biocarburanti, a investimenti che premiano la comunicazione e le scelte sostenibili. Stefano Paleari, autore della ricerca Iccsai Transport and Sustainable Mobility dell’Università degli studi di Bergamo, è chiaro: «Se immaginiamo un futuro prossimo con 200 milioni di passeggeri all’anno si tratterebbe di 3 euro di investimento in sostenibilità per ciascuno di loro”.
Pensare a un mondo dove per ridurre le emissioni si viaggi di meno in aereo è, invece, un’assurdità perché le persone non si fermeranno e magari sceglieranno soluzioni di trasporto più inquinanti dell’aereo. È quello che fa osservare il presidente di Assaeroporti, Carlo Borgomeo. Omettendo il trasporto aereo nella pianificazione futura sulla sostenibilità si è di fronte a questo tipo di prospettiva.
«L’esclusione dal Pnrr è una scelta chiara, netta, una scelta forte, sbagliata e contraddittoria, perché se si ritiene che il trasporto aereo inquini, non possiamo considerare risolutiva la soluzione di limitare il trasporto aereo», afferma. «Sebbene siamo una fetta minima dell’inquinamento – osserva – rappresentiamo un comparto nevralgico per l’economia».
Si parla infatti di un settore con oltre 750.000 addetti diretti. E anche il presidente di Enac, Pierluigi Di Palma, torna su questo punto. «Siamo consapevoli che questo è il momento in cui il trasporto aereo deve riconciliarsi con l’ambiente, e può farlo perché è un momento di forte innovazione tecnologica, ma ricordiamoci anche quanto il trasporto aereo ha sottratto all’inquinamento del trasporto su strada».
Il tema è politico, insiste Di Palma, e il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Galeazzo Bignami, non lo contraddice su questo punto: «Va ribadito che un aeroporto è un’opportunità per un territorio, un’infrastruttura che va sviluppata in forma compatibile e sostenibile e non va vissuta come un’afflizione», afferma. Secondo il politico è anacronistico misurare le distanze in chilometri piuttosto che in tempo, e valutare il trasporto aereo solo per l’inquinamento: «L’obiettivo dichiarato del governo Meloni è orientato all’elaborazione di un piano posizionato sulla produttività e revisionare il Pnrr è un obiettivo che ci poniamo nell’ottica di una condivisione ragionevole di alcune richiesta del Pna – Piano nazionale aeroporti».
Il politico ribadisce la centralità del settore anche per la politica, «il cui dovere è sciogliere il nodo di queste problematiche, anche per produrre un’attrattività verso la nostra nazione». In sostanza il viceministro fa osservare che mentre noi perseguiamo obiettivi ambientali a volte non coerenti con la realtà quotidiana, altri continenti, con meno scrupoli, possono attrarre a loro trasporti per obiettivi commerciali e turistici dai quali rischiamo l’esclusione nel futuro. Poi conclude dicendo che con questo governo ci sarà «un cambio di traiettoria» e non nasconde che, essendo un esecutivo politico, questa sarà una scelta politica, appunto, «di cui ci assumiamo le responsabilità». «Garantiamo emissione ridotte, rumore attenuato, ma questo non vuol dire annientare un settore economico – afferma – tutto deve svolgersi in una cornice di interesse nazionale».
Un entusiasmo forse insperato per Carlo Borgomeo, cui chiediamo, a margine, quanto sia ottimista dopo queste dichiarazioni. Il presidente Assaeroporti è cauto. Sa che smuovere il Pnrr può essere un’operazione complessa per il governo, quindi specifica: «Vediamo se ci sono condizionamenti da parte di Bruxelles, ma il punto vero non è l’assenza degli stanziamenti nel Pnrr, quanto piuttosto il fatto che il trasporto aereo non sia nominato affatto, perché se il Pnrr non è modificabile, il settore può comunque avere un sostegno nel fondo di sviluppo e coesione o altri fondi strutturali: per noi non fa differenza».
«Il problema – conclude – è la chiusura violenta verso il comparto». Un problema, che non è solo italiano, osserviamo, ma certo questo non conforta il presidente di un settore «cancellato da ogni documento del ministero».