Site icon L'Agenzia di Viaggi Magazine

Aeroporti italiani, in un anno trasportati 152 milioni di passeggeri

Assaeroporti

Con 65 miliardi di euro di valore aggiunto (comprese le ricadute economiche nel turismo) e 1,3 milioni di occupati, il sistema aeroportuale italiano è un asset strategico di prima grandezza per l’economia italiana. È quanto emerso dallo studio elaborato da Nomisma e illustrato al convegno organizzato da Assaeroporti, presso la sede del Cnel a Roma.

«Il sistema aeroportuale italiano – ha sottolineato il presidente di Assaeroporti, Carlo Borgomeo – è il primo connettore sociale per le città italiane  e le ricadute socio-economiche sono sintetizzabili nel valore aggiunto generato dal comparto aereo, pari al 3,8% del Pil italiano. Questo conferma la portata strategica del settore come elemento imprescindibile per uno sviluppo duraturo dei sistemi economici nazionali. Inoltre, il mercato italiano si contraddistingue per la presenza di numerose infrastrutture aeroportuali di medie e piccole dimensioni e questa caratteristica determina importanti benefici sui territori e amplifica l’impatto positivo anche sul comparto turistico. Anche i dati di quest’ultimo periodo confortano molto, perché a settembre abbiamo rilevato quasi 20 milioni di passeggeri, in crescita del +4,8% rispetto ai livelli del 2019, un risultato che conferma il trend registrato fin dalla primavera di quest’anno, quando il sistema aeroportuale nazionale, in netto anticipo rispetto alle previsioni, ha superato i volumi pre-pandemici. Da inizio anno i viaggiatori aerei sono stati complessivamente 152 milioni, l’1,6% in più rispetto al 2019. E per la prima volta, dopo tre anni di crisi, i movimenti aerei si avvicinano molto ai livelli pre Covid».

Lo studio Nomisma, illustrato dal responsabile Sviluppo Marco Marcatili, evidenzia inoltre che ben il 52% del traffico totale in Italia è concentrato su 5 hub aeroportuali, con la fascia d’utenza di 10 milioni di passeggeri, totalizzando complessivamente quasi 85 milioni di viaggiatori aerei, mentre altri cinque aeroporti che vantano un range dai 5 ai 10 milioni di pax, detengono lo share del 24% con 39 milioni di passeggeri.

E il viceministro alle Infrastrutture e ai trasporti Galeazzo Bignami, intervenuto al convegno, nel commentare i dati emersi dallo studio Nomisma, ha sottolineato: «C’è una centralità del sistema aeroportuale italiano che è incontestabile e c’è un diritto alla mobilità che va tutelato di fronte a certi estremi “green” che hanno colpito anche il trasporto aereo. E’ bene ricordare che l’economia gira perché gira un comparto strategico e in continuo sviluppo come il trasporto aereo». Nel dibattito seguito alla presentazione dei dati Nomisma-Assaeroporti, coordinato dal direttore di Assoaeroporti, Valentina Menin, il tema di fondo è stato quello della connettività aerea, vero “barometro” della attrattività sia di investimenti che di utenza, soprattutto turistica.

Per Flavio Ghinghirelli, presidente Ibar, «la connettività aerea, già implementata negli ultimi tempi, dimostra chiaramente la valenza nel trasporto aereo. Una delle cose più importanti è fare squadra tra le varie associazioni del settore per dare un messaggio forte alla politica. Lo studio Nomisma mostra con i dati la giusta dimensione del comparto e sulla sostenibilità tutti i vettori, insieme agli aeroporti, stanno investendo ingenti risorse. Il trasporto aereo è centrale per lo sviluppo economico del Paese. E sull’indice di connettività stiamo parlando del parametro più importante per dare opportunità di investimenti: più è elevato e maggiori sono le possibilità di creare hub e quindi attrarre investimenti anche da parte delle compagnie. In Italia noi abbiamo 40 aeroporti, ma il vero hub è uno solo, ovvero Fiumicino. E tra questi ci sono  scali  che hanno espresso un basso indice in termini di investimenti per il futuro. Elevare la connettività aerea, quindi, significa, contribuire a creare un vantaggio economico. In tale ottica le addizionali comunali sono un crescente impatto sul consumatore aereo e in un momento in cui i vettori sono impegnati a ridurre i costi ma nel contempo contenere le tariffe aeree, credo che eventuali incrementi di queste addizionali non siano un buon segnale, perché ricadono comunque sul consumatore finale».

Piena condivisione da parte di Armando Brunini, presidente di Aci Europe, che ha aggiunto: «Sicuramente in futuro si dovranno fare monitoraggi sul trasporto aereo, non limitandosi a esaminare il movimento aereo e il volume di passeggeri trasportati, ma anche l’indice di connettività che ormai è cruciale. E comunque i dati dello studio Nomisma non sono una sorpresa, perché negli ultimi 10 anni il sistema aeroportuale europeo e italiano hanno espresso un importante volume di investimenti, soprattutto in termini di capitale privato, pari a 5 miliardi di euro solo nel sistema aeroportuale italiano. Si pensi che soltanto il 47% degli aeroporti europei è pubblico, rispetto al 75% di dieci anni fa, questo vuol dire che la maggior parte dei principali scali europei è a capitale privato. C’è poi la sfida dell’overtourism che implica un maggiore impegno nell’organizzazione della mobilità e la sua sostenibilità, attraverso il processo di decarbonizzazione. Ma ricordiamoci sempre che aeroporti e vettori esistono per connettere e accompagnare il progresso. Ecco perché chiediamo da tempo un approccio illuminato da parte dei Governi Ue e nazionali: ridurre per legge i voli è quantomai sbagliato. Chiediamo più incentivi ad accelerare gli investimenti per velocizzare l’intermodalità e per l’aumento di produzione del Saf, e ancora incentivi per l’approvvigionamento di fonti rinnovabili e nella ricerca».

Impegno da parte delle compagnie aeree che è stato rilanciato anche da Andrea Benassi, direttore generale di Ita Airways,  che si è soffermato sul ruolo  del giovane vettore nello sviluppo del Paese: «Abbiamo due anni e appena concluso la fase di startup, ma vogliamo diventare la compagnia del Paese. Abbiamo definito un Piano industriale che implica una crescita della flotta, da 84 aerei a 96 aeromobili entro il 2024 e avremo raddoppiato la nostra flotta, col 66% di aerei di nuova generazione. Vogliamo sviluppare la connettività del nostro Paese: siamo il quarto  mercato europeo e l’Italia è l’unico Stato dove la domanda sui voli intercontinentali è superiore all’offerta, da qui lo sviluppo del lungo raggio:  chiuderemo quest’anno con oltre 15 milioni di pax trasportati, di cui il 40%  ulle tratte di lungo raggio, che rappresenta il 50% sul fatturato».

Il direttore generale di Ita ha poi ribadito che la connettività è un’opportunità, così come cruciale sarà l’intermodalità per permettere l’ottimizzazione della mobilità del viaggiatore aereo e in particolare del turista, aggiungendo che «è stata una miopìa strategica pesante l’aver escluso il comparto aereo dal Pnrr, vista la sua valenza per la crescita economica di ogni Paese. Riguardo infine agli aspetti puramente operativi – ha concluso Benassi – non dobbiamo puntare solo sul point to point, ma garantire il fideraggio sugli aeroporti di prima grandezza italiani. Questo perché a oggi molti passeggeri si orientano verso altri scali stranieri per imbarcarsi su voli internazionali e intercontinentali: dobbiamo correggere questa tendenza a favore degli scali italiani e Ita intende fare la sua parte».

A chiusura del convegno il presidente dell’Enac, Pierluigi Di Palma, ha evidenziato l’importanza di recuperare anche le professionalità perse con il Covid, soprattutto negli ambienti aeroportuali e in quelli delle compagnie, che hanno visto la fuoriuscita di moltissimi lavoratori del trasporto aereo, magari promuovendo nuovi e qualificanti percorsi formativi. Riguardo infine al futuro, ovvero a quel fatidico traguardo del 2050, Di Palma ha sottolineato: «Nel Piano nazionale degli aeroporti – che il Governo si appresta a varare – l’Enac ha prospettato 14 poli aeroportuali, perimetro ottimale per sviluppare il traffico aereo italiano, rendendo funzionale un sistema realmente attrattivo».

Exit mobile version