La “maledizione” Omicron si è abbattuta anche sul trasporto aereo, bloccando di fatto la sia pur timida ripresa del 2021. È la dura diagnosi stilata dal Rapporto Aci Europe sul traffico aereo dell’anno appena conclusosi che ha rivelato l’impatto duraturo della pandemia nel settore aeroportuale.
Sebbene il traffico passeggeri attraverso la rete aeroportuale europea sia aumentato del +37% nel 2021 rispetto al 2020, è rimasto comunque del -59% al di sotto dei livelli pre-pandemia (2019).
Un andamento più che deludente, come osserva in modo esplicito Olivier Jankovec, direttore generale di Aci Europe: «Dopo aver perso 1,72 miliardi di passeggeri nel 2020, avevamo tutti grandi speranze in una forte ripresa nel 2021. Ma l’anno scorso si è rivelato un altro anno difficile, poiché gli aeroporti europei hanno finito per perdere altri 1,4 miliardi di passeggeri rispetto a al 2019. Ciò significa che rimangono sotto stress considerevole, con una debolezza finanziaria sistemica in tutto il nostro settore».
A conti fatti la variante Delta ha sostanzialmente abbattuto il traffico passeggeri nella prima metà del 2021 (-77,7% rispetto al 2019), poiché sono stati reintrodotti blocchi e severe restrizioni di viaggio e la maggior parte dei mercati intercontinentali è rimasta al palo. Il lancio dei vaccini combinato con i certificati digitali Covid dell’Ue e la riapertura del mercato transatlantico a novembre hanno visto finalmente migliorare il traffico passeggeri nella seconda metà dell’anno (-42,4% rispetto al 2019), sebbene la variante Omicron, a dicembre, abbia interrotto bruscamente questa dinamica.
Mentre il traffico passeggeri ha seguito un percorso di progressivo miglioramento tra giugno (-66,3%) e novembre (-35,2%) rispetto ai livelli pre-pandemia (2019), nel mese di dicembre è tornato ad invertire la rotta (-39,2%). Questo impatto di Omicron si è concentrato sui principali mercati dell’Ue, dove gli aeroporti hanno registrato un calo del traffico passeggeri del -44,1% a dicembre rispetto al -38,1% di novembre. La variante, invece, non ha impedito modesti guadagni nel resto d’Europa (-17,1% a dicembre contro -19% a novembre).
A fronte di questi dati specifici Jankovec ha commentato: «La reazione istintiva di molti governi che hanno ignorato la guida dell’Ecdc e si sono affrettati a reimporre divieti di viaggio e altre restrizioni, anche per i viaggi intraeuropei, ha di fatto bloccato la nostra ripresa. Tuttavia, queste restrizioni di viaggio non hanno fatto nulla per fermare la diffusione di Omicron, come riconosciuto solo la scorsa settimana dall’Oms e evidenziato anche da un recente rapporto Oxera & Edge Health3 che esamina la situazione nel Regno Unito».
Rispetto al 2019, i risultati annuali più forti sono arrivati dagli aeroporti in Grecia (-46,8%), Romania (-52,7%), Lussemburgo (-53,9%), Cipro (-55,6%), Bulgaria (-55,9%); seguiti da Spagna (-56,4%) e Portogallo (-57,9%).
Al contrario, gli aeroporti in Finlandia (-80,5%), Regno Unito (-78,1%), Repubblica Ceca (-74,8%) e Irlanda (-74,4%) hanno subito forti perdite nel traffico passeggeri, principalmente a riflesso delle severe restrizioni ai viaggi imposte da questi paesi. Nel frattempo, gli aeroporti del resto d’Europa hanno registrato buone perfomance superando in modo significativo la media europea, con un traffico passeggeri in aumento del 59,4% nel 2021 rispetto all’anno precedente e rimasto solo a -34,4% rispetto ai livelli pre-pandemia (2019). Ciò è il risultato di restrizioni e blocchi di viaggio generalmente meno gravi.
Rispetto al 2019, i risultati migliori sono stati registrati dagli aeroporti in Russia(-24,4%) e Armenia (-29,3%). Israele (-72,9%) è stata una notevole eccezione all’interno del blocco. Spicca, tra questi l’aeroporto di Londra-Heathrow (-76%) rientrato nella Top 5 a novembre 2021 in seguito alla riapertura del mercato transatlantico. Questo non è ancora il caso di Francoforte (-64,8%), che si è classificato come il 7° aeroporto europeo più trafficato nel 2021.
GLI AEROPORTI ITALIANI
Nel frattempo anche Assaeroporti ha diramato i dati del 2021: gli aeroporti italiani chiudono l’anno con 80,7 milioni di passeggeri e una contrazione del 58,2% sul 2019, ultimo anno non interessato dalla pandemia, quando il numero dei viaggiatori ha superato quota 193 milioni.
Un consuntivo in crescita del 52,4% sul 2020, ma pur sempre segnato da una profonda crisi con 113 milioni di passeggeri persi rispetto al 2019.
A causa della seconda e della terza ondata di contagi che hanno colpito il nostro Paese, i gravi effetti della crisi pandemica si sono manifestati almeno fino a maggio 2021. Nei primi 5 mesi dello scorso anno, il traffico negli scali nazionali ha segnato una contrazione dell’86% rispetto al 2019, attestandosi a valori prossimi a quelli osservati nella primavera 2020, durante i mesi di lockdown generalizzato. I primi deboli segnali di ripresa si sono registrati solo a giugno 2021, -65% sui livelli pre-Covid, per poi rafforzarsi nella seconda metà dell’anno, con -38% rispetto al secondo semestre 2019.
L’associazione, inoltre, segnala un parziale recupero del segmento nazionale che nel 2021 mostra un -35,1% sui volumi pre-pandemia. In sofferenza invece il traffico internazionale, che si attesta ad un -70,4%, evidenziando così una ripartenza del comparto a due velocità.
GLI SCALI REGIONALI PIÙ PICCOLI
Il Rapporto Aci Europe si sofferma infine sugli aeroporti regionali più piccoli che si stanno riprendendo a un ritmo più rapido dalla scorsa estate rispetto agli aeroporti più grandi. Ciò riflette il fatto che, al di là del mercato transatlantico, molti mercati intercontinentali rimangono di fatto chiusi a causa di severe restrizioni ai viaggi e che la ripresa rimane in gran parte guidata dai viaggi di piacere e “Visiting Friends and Relatives” sui mercati interni e europei. Infatti, nel 2021 gli aeroporti di categoria 4 (meno di 5 milioni di passeggeri all’anno) hanno registrato un calo dei passeggeri del -53,5% rispetto ai livelli pre-pandemia (2019) mentre gli aeroporti di categoria 1 (più di 20 milioni di passeggeri all’anno) hanno registrato un calo di -63,3 %.