Affitti brevi a Milano, non è tutto oro quel che luccica
A Milano solo il 2,4% delle case è messo a reddito con affitti brevi (e quelle stabilmente online sono solo lo 0,9% del totale). A certificarlo è il report messo a punto dal Centro studi Aigab sullo stato nel capoluogo lombardo. E negli ultimi 12 mesi è stato registrato il contributo di circa 473 milioni in termini di valore delle prenotazioni nel Comune di Milano.
L’indotto dei soli viaggiatori che dormono nelle case online in città è stimato in circa 1,89 miliardi di euro, di cui 474 milioni speso per trasporti, 570 milioni in ristorazione, 167 milioni in cultura, 513 milioni in shopping e 56 milioni presso agenzie di viaggi. Circa il 74% del Pil prodotto, pari quindi a circa 1,8 miliardi, è direttamente consumato sul suolo cittadino, lasciando in città circa 294 milioni di Iva e quasi 54 milioni di cedolare secca, oltre all’imposta di soggiorno versata al Comune.
Il report spiega che sul totale delle circa 809.990 case di Milano, il 63,9% vale come prima casa, il 22,6% (circa 183.227) è affittato con la formula tradizionale del 4+4, il 13,5% (circa 109.404) fa riferimento a case non occupate, mentre quelle messe a reddito con finalità di affitti brevi sono solo il 2,4%, pari a 19.271 mila del totale delle abitazioni complessive.
Aggiungendo dettagli, le case messe a reddito a Milano tramite lo strumento degli affitti brevi (l’80% delle quali è costituito da monolocali o case con una sola camera da letto, quindi difficilmente utilizzabili da una famiglia per affitti a lungo termine) sono 1/10 di quelle affittate 4+4 e il 17% di quelle sfitte (di cui 16.423 di proprietà pubblica).
Inoltre, se guardiamo alla disponibilità, solo il 36% delle case è stabilmente offerto online tutto l’anno, mentre il 41% viene promosso online per meno del 30% delle notti. Attenzione: “annuncio promosso” non vuol dire “venduto”, ma che è attivo con possibilità di prenotazione, come forma di arrotondamento da parte dei proprietari che spesso ci vivono e magari si allontanano dalla città affittando la casa in occasione di eventi clou come il Salone del mobile.
Da un’analisi fatta su circa 8mila immobili gestiti in 10 anni da associati Aigab su Milano emerge che solo una minima parte entrata nel circuito degli affitti brevi proviene dall’affitto tradizionale 4+4. La gran parte dell’offerta arriva invece da immobili ereditati, sfitti o abitati in precedenza da proprietari e dei quali non avranno bisogno solo temporaneamente. La quota di immobili acquistati per investimento è di circa il 12% e proviene molto spesso da famiglie di capoluoghi del sud che acquistano immobili in vista del futuro universitario dei figli e lo trasformano in investimento temporaneo.
I proprietari e i property manager effettuano sullo stesso portafoglio anche contratti transitori per periodi da 1 mese a 18 mesi, per un valore delle locazioni stimato in circa 94 milioni.
«I numeri dimostrano che non corrisponde al vero che le locazioni brevi sarebbero la causa del caro affitti – sostiene Aigab a conclusione del report – i costi degli affitti con contratto 4+4 anni crescono perché c’è un adeguamento con l’Istat. I property manager professionali sono in grado di modificare le tariffe tutti i giorni, spesso abbassando i prezzi per favorire l’occupazione, quindi esprimono una dinamica contraria. La verità è che i canoni scendono se si realizzano politiche di alloggi pubblici. La via delle limitazioni al mercato non porta da nessuna parte».
»E non è vero – conclude l’associazione – che gli affitti brevi siano la gallina dalle uova d’oro: sul lordo incassato ciò che rimane al proprietario al netto delle commissioni dei portali, dei costi di pulizia, della cedolare secca è poco meno della metà, quindi stiamo parlando veramente di uno strumento di integrazione del reddito delle famiglie».