Affitti brevi, Airbnb chiede più tutele per le città d’arte
Tutele speciali per gli affitti brevi nei centri storici: è la proposta lanciata da Airbnb che prospetta una vera e propria regolamentazione quadro a livello nazionale annessa eventuale rimozione dell’annuncio, a patto che le nuove misure siano proporzionate e non risultino punitive nei confronti di chi affitta, ad esempio, la casa di famiglia, soprattutto in un momento di crisi economica.
Per Giacomo Trovato, country manager di Airbnb Italia: «Nella ricerca realizzata da Quorum con il contributo di Airbnb, emerge come 8 italiani su 10 sono favorevoli alla possibilità per i privati cittadini di affittare la propria casa attraverso piattaforme turistiche digitali. E sempre da questo studio emerge come l’impatto delle locazioni brevi per fini turistici sull’economia delle città sia considerato positivo, 82% del campione, pur con alcune preoccupazioni legate ai centri storici, a Venezia scende al 64,2%».
Proprio riconoscendo la delicata situazione di alcune città, i vertici di Airbnb si son dunque detti disponibili a intervenire direttamente e hanno proposto alcune misure specifiche, in linea con le recenti proposte della Commissione Ue sulle locazioni brevi: innanzitutto la registrazione nazionale obbligatoria, e quindi gli annunci di locazioni brevi pubblicati sulle piattaforme dovranno esporre un codice identificativo. Inoltre la condivisione dei dati, vale a dire la disponibilità di informazioni sui flussi che consentirà alle autorità di assumere decisioni in modo informato, e di segnalare eventuali irregolarità. Terzo passaggio chiave è la mappatura, ovvero l’identificazione tramite criteri oggettivi, stabiliti a livello nazionale, dei quartieri a forte pressione turistica sui quali intervenire con misure addizionali. Infine la tutela della piccola proprietà privata, in altre parole difendere il diritto di utilizzare le seconde case, disciplinando in modo più stringente solo le attività imprenditoriali.
«Il turismo in appartamento – spiega Trovato – È parte integrante dell’ospitalità made in Italy, apprezzato dai viaggiatori e cruciale per gli host in tempo di crisi economica come quello attuale».
Il ritorno dei flussi turistici a livelli pre-pandemia ha però riacceso il dibattito sul futuro dei centri storici. In base al sondaggio, desta preoccupazione il fatto che il turismo stia tornando a concentrarsi nei centri storici delle città più grandi, con possibili conseguenze sulla qualità della vita e difficoltà per i cittadini, ad esempio nella fruizione di alcuni servizi pubblici.
«A questo punto – osserva Trovato – è giusto riconoscere che i centri storici di alcune città italiane sono in sofferenza, e che le piattaforme come Airbnb debbano dare il proprio contributo. Per questo siamo favorevoli a una legislazione sugli affitti brevi omogenea a livello nazionale, chiara e facilmente attuabile».
Per Airbnb, quindi, c’è la necessità di non penalizzare senza motivo la piccola proprietà privata emerge chiaramente dal sondaggio Quorum. Per la maggior parte degli host (80%), infatti, non è l’home sharing la fonte di reddito principale. Tuttavia, un host su due ha risposto di affittare per far quadrare i conti e affrontare il carovita (50,1%): non si tratta perciò tanto di innalzare il tenore di vita, quanto di cercare di mantenerlo in un momento di crisi economica e forte inflazione. Oltre a poter disporre di un’integrazione del reddito, fra le ragioni che fanno scegliere gli affitti a breve termine, rispetto a quelli a lungo, il 42,4% del campione sostiene di voler poter utilizzare l’appartamento per alcuni periodi dell’anno, mentre il 27,7% degli host dice di avere avuto o di temere brutte esperienze con gli affitti a lungo termine, un dato che cresce sensibilmente nelle grandi città (Roma 47,2%, Venezia 44,6%, Firenze 42,5%).