La partita sulla famigerata tassa Airbnb si è chiusa. I gestori dei portali online saranno tenuti a operare, in qualità di sostituto di imposta, una ritenuta del 21% (cedolare secca) “sull’ammontare dei canoni e corrispettivi all’atto del pagamento” e a versare poi i soldi al Fisco. Le stesse piattaforme saranno anche responsabili del pagamento dell’imposta di soggiorno direttamente all’Agenzia delle Entrate.
È quanto previsto negli emendamenti approvati in Commissione Bilancio della Camera alla manovrina del governo. In sostanza chi esercita l’attività di intermediazione immobiliare o chi gestisce portali online “mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di un’unità immobiliare da locare” e incassa il canone o il corrispettivo, dovrà poi versare il balzello allo Stato.
Per aggirare l’impossibilità dei portali internazionali di farsi “esattori” per l’Erario italiano, la norma prevede che le piattaforme prive di stabile organizzazione in Italia dovranno nominare un rappresentante fiscale per la riscossione.
Inoltre i Comuni che dal 2017 possono applicare la tassa agli hotel, ma non l’hanno ancora deliberata, potranno farlo e rimodularla, quindi anche aumentarla, in deroga al blocco degli aumenti dei tributi e delle addizionali locali.
«L’approvazione dell’emendamento sugli affitti brevi – commenta Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera – è un altro tassello importante verso l’equità fiscale tra le attività online e offline. Con questa norma anche le piattaforme che intermediano online affitti brevi, anche se continuano a dichiarare la non stabile organizzazione, dovranno nominare un rappresentante fiscale riconosciuto».
Un plauso per l’approvazione dell’articolo 4 della manovrina arriva da Federalberghi. «La definizione di una norma che mette ordine nella disciplina fiscale delle locazioni brevi costituisce un positivo passo avanti verso la bonifica di un mercato che è inquinato dagli abusivi e dalla concorrenza sleale», dichiara il presidente Bernabò Bocca.
Entro novanta giorni, chiarisce l’associazione in una nota, un decreto ministeriale dovrà definire criteri oggettivi per distinguere le attività imprenditoriali da quelle non imprenditoriali. «Anche questo aspetto è positivo – dice Bocca – e ci auguriamo che il decreto tragga spunto dalle buone prassi adottate all’estero, evitando che chi svolge l’attività in via continuativa possa continuare a nascondersi dietro un dito».
«L’unica nota critica – aggiunge – è costituita dalla formulazione inerente l’imposta di soggiorno, che nel prevedere giustamente l’applicazione dell’imposta anche per i turisti che alloggiano presso gli immobili in affitto rischia di penalizzare le strutture ufficiali già tartassate dal fisco».
Contraria, invece, Confedilizia, secondo la quale in questo modo “nel Paese del turismo, si uccide la locazione turistica”. «Il nuovo testo della norma sugli affitti brevi è molto pericoloso, oltre che di dubbia costituzionalità – spiega il presidente Giorgio Spaziani Testa – Oltre a introdurre una nuova tassa – con l’estensione dell’imposta di soggiorno alle locazioni e a tutta Italia – viene delegato a un provvedimento non legislativo, da un lato il potere di stabilire che un diritto costituzionale come quello di proprietà attraverso la locazione venga sottoposto ad autorizzazioni, dall’altro quello di trasformare in imprenditore chi affitti per un tot di giorni superiore a quanto deciderà il funzionario ministeriale di turno o possieda un numero di appartamenti maggiore di quanto sarà gradito allo stesso funzionario. Nuove tasse, nuova burocrazia, nuovi adempimenti, addirittura obblighi di partita Iva, scritture contabili, commercialisti, per chi si permette di fare qualcosa che non è gradito dal mondo alberghiero».