È un esplicito appello alla valorizzazione di quella parte del patrimonio immobiliare italiano che è stato immesso nel comparto turistico, quello contenuto nel Manifesto di ben 14 associazioni di imprenditori dell’immobiliare turistico, rivolto all’esecutivo: “Se è vero, come è vero, che il governo sta studiando la migliore strategia – si legge nell’incipit del Manifesto – per sviluppare il comparto turistico e rendere l’Italia la prima destinazione al mondo, con l’obiettivo di raddoppiare il Pil generato da questa industria, passando dal 15 al 30% di incidenza, noi crediamo che per raggiungere questo traguardo sia fondamentale valorizzare il patrimonio immobiliare del Paese, mettendo al centro la casa come offerta per i viaggiatori, allineandoci così a un modello internazionale vincente”.
Il manifesto firmato da Abbav, Aigab, Breve, Confassociazioni Real Estate, Confedilizia, Fare, Fiaip, Host+Host, Host Italia, Myguestfriend, Ospitami, Pro-Locatur, Property Managers Italia e Rescasa Lombardia, si articola in 7 punti.
Il primo richiama quello che è ormai un modello mondiale di ospitalità turistica; si passa poi all’offerta identitaria del nostro Paese, per proseguire con altri capisaldi quali la sostenibilità, il rilancio di immobili inutilizzati, la riqualificazione, la qualità ricettiva e il beneficio per le piccole comunità.
Nel Manifesto viene sostanzialmente evidenziato che “il numero degli immobili in affitto è cresciuto in modo esponenziale, rispondendo alla richiesta dei viaggiatori. Infatti sempre più vacanzieri apprezzano la possibilità di avere una cucina per assaporare e preparare i prodotti acquistati nei mercati e negozi locali, permettendo anche gli elementi della convivialità e socialità, altrettanto tipici del carattere italiano”.
C’è poi una “motivazione di sostenibilità nel valore della casa: la crescita dei volumi turistici è enorme – aggiungono gli imprenditori del turismo e dell’immobiliare – da 50 milioni di viaggiatori nel mondo degli anni ’50 si è passati a 1,5 miliardi di oggi. Tra 20 anni saremo a 2 miliardi di turisti e le mete più scelte, come l’Italia, dovranno capire come gestire dei flussi sempre più importanti. Crediamo la sostenibilità di tale crescita non possa essere basata su un aumento del 20% in più di posti letto in albergo, ma debba sfruttare l’enorme patrimonio immobiliare del Paese, in gran parte oggi inutilizzato: nel 2020 erano 7 milioni di immobili di questo tipo censiti dall’Istat”.
Infine, il Manifesto delle 14 associazioni evidenzia l’importanza di “incentivare un turismo che si basi più sulla qualità, tenendo conto che nelle case, come dimostrano i dati, si soggiorna più a lungo: quasi il doppio rispetto alle strutture ricettive tradizionali. Una scelta che determina maggiori spese e quindi economia locale, introiti per negozi, musei, supermercati, ristoranti. Investire sulle case significa anche riqualificare, attraverso l’impegno di tanti imprenditori, il patrimonio immobiliare della nazione, efficientandolo da un punto di vista energetico e avvicinandolo al turismo di lusso, che è un ramo fondamentale. Il turismo sulle case è infine una soluzione per rivitalizzare tanti piccoli borghi, custodi di tradizioni e di culture, che attendono di essere riscoperti e apprezzati, non certo dimenticati. L’host, in questo contesto, permette di avere un’esperienza ancora più italiana, grazie al tipo stesso di alloggio e al maggiore rapporto che si crea con l’ospite. Rendendo così la meta Italia sempre più apprezzata e consigliata a livello mondiale”.