Nessuna limitazione sulla libertà d’impresa, una “italianizzazione” della direttiva Ue, tutela per gestori rispetto al dominio delle Ota e garanzie per gli ospiti. Sono alcune delle istanze avanzate dai player presenti al primo tavolo di confronto sulla regolamentazione delle locazioni brevi a uso turistico indetto dal ministero del Turismo, a Roma.
Obiettivo del Mitur, sottolineato proprio dal ministro Daniela Santanchè, avviare un percorso di confronto e condivisione tramite l’ascolto delle categorie: «Un momento fondamentale di partecipazione – ha sottolineato – per individuare le azioni e le scelte da intraprendere per giungere a un’armonizzazione della normativa di riferimento».
Al termine della riunione, l’Aigab, associazione nazionale dei gestori affitti brevi, ha rimarcato in una nota come «in Italia solo il 10% delle seconde case inutilizzate (6,3 milioni, secondo l’Istat) è valorizzato con gli affitti brevi (600mila case). Di queste, circa 200mila sono gestite da aziende per conto dei proprietari. Complessivamente, gli operatori professionali sono tra i 20 e i 30mila, con un indotto nel mondo del lavoro tra 120 e 150mila persone”.
Alla luce di questi dati, la sigla – che rappresenta circa 220 operatori professionali del settore, 20mila case in gestione in tutta Italia e 300 milioni di euro di Pil – dice “no a ogni ipotesi di restrizione o limitazione indiscriminata che produrrebbero ulteriore sommerso e il dilagare dell’illegalità, come insegnano le esperienze degli altri Paesi europei che hanno agito reprimendo il fenomeno senza realmente comprenderlo”.
Se è vero, prosegue, che “molte città europee hanno introdotto restrizioni, è altrettanto vero che queste, per ammissione della stessa Unione europea, che con il suo nuovo regolamento ha riconosciuto nero su bianco i benefici dei cosiddetti affitti brevi, non sono state efficaci. Basti pensare ad Amsterdam, che ha bandito gli affitti brevi e ha oggi gli affitti a lungo termine più alti d’Europa”.
Aigab ribadisce, qunque, che “l’Italia non ha bisogno di limitazioni indiscriminate, perché nel nostro Paese esistono operatori professionali come noi che hanno sempre svolto la funzione di controllori e regolatori del mercato: siamo garanti dei proprietari che vogliono mettere a reddito un immobile di proprietà senza incorrere in sanzioni, visti i mille adempimenti difficili da espletare. E siamo i garanti delle istituzioni perché agiamo da sostituto d’imposta, versiamo la cedolare secca, raccogliamo e versiamo ai Comuni l’imposta di soggiorno, facciamo emergere l’Iva. Dove siamo noi non possono esserci opacità e sommerso. È chiaro che non siamo un nemico da combattere, ma un valore per l’occupazione sana e per l’indotto che generiamo sui territori operando nella piena legalità”.
Da parte sua, Halldis, società attiva negli affitti brevi con la gestione di 1.000 proprietà, nel corso dell’incontro al Mintur, ha voluto fare chiarezza e soprattutto alla luce della nuova direttiva dell’Unione europea sulla cooperazione amministrativa (DAC7), appena entrata in vigore, ha chiesto che venga “italianizzata” quando si entrerà nella fase cruciale dei decreti attuativi.
La società ha anche posto l’accento sulla distinzione tra piattaforme come Airbnb, Booking e Vrbo, gestori professionali (property manager come Halldis, Italianway, CleanBnb, Wonderful Italy) e proprietari privati. Le piattaforme digitali sono distributori del prodotto casa, di cui non sono proprietari, si limitano a fare incontrare domanda e offerta e ricevono una fee che va dal 15 al 20%. Sono tipicamente società internazionali che operano a livello mondiale. I property manager gestiscono per conto terzi il prodotto casa, pari a circa 25% del totale di quelle destinate degli affitti brevi, di cui anch’essi non sono proprietari. Sono società italiane che, a differenza delle piattaforme, fanno l’accoglienza, le pulizie, gestiscono la burocrazia (tassa di soggiorno, cedolare secca. etc). Per la promozione, oltre che ai propri siti e social, possono utilizzare le piattaforme come distributore. La fee dei property manager varia dal 20% al 30%. I privati, che mettono sul mercato il restante 75% delle case destinate agli affitti brevi, fanno tutto da soli. Ma poi possono decidere di affidarsi a una piattaforma e/o un property manager.
Halldis si è sofferma poi sulla nuova direttiva Ue, che prevede che chi affitta una proprietà su una piattaforma deve comunicare al registro nazionale di ciascun Stato il proprio transato, affinché i dati raccolti confluiscano in un unico database europeo.
Per il 2023 l’obbligo di comunicazione è entro il prossimo 31 gennaio. Il rischio è che, se i decreti attuativi non apporteranno modifiche, i gestori professionali (property manager) italiani potrebbero vedersi attribuiti miliardi di euro di giro d’affari aggiuntivo. Per esempio, se un operatore avesse il mandato di gestire 10 immobili che in un anno solare generano un transato di 200.000 euro, potrebbe vedersi attribuire questo valore come proprio reddito. Il ché, però, è fuorviante perché il reddito dipende da diversi fattori, come la tipologia di contratto con il proprietario, la Scia presentata al Comune dove l’immobile è ubicato (casa vacanza, locazione turistica, locazione transitoria, o altro) e l’Iva.
«Il settore degli affitti brevi in Italia – ha commentato Michele Diamantini, ceo di Halldis – è estremamente variegato e composto da centinaia di migliaia di host e centinaia di gestori di immobili. L’attività di property management è un business a bassa marginalità e quindi impone la scalabilità di processi e dimensioni per fare ricavi e coprire costi fissi. La possibilità di scalare richiede un quadro normativo incentivante, stabile, non frammentato. Con il nostro studio abbiamo voluto, da un lato fare chiarezza, dall’altro proporre la nuova Direttiva europea come punto di partenza per risolvere le tante criticità. È importante non frenare un settore in forte crescita che riesce a dare valore agli investimenti immobiliari, creare posti di lavoro, avere forte ricadute sul territorio».
Aigo Confesercenti, presente al tavolo del Mitur con il suo presidente Claudio Cuomo, ha invece chiesto una forte tutela del settore, anche nei confronti delle Ota: «Accogliamo con favore la regolamentazione delle locazioni brevi. L’introduzione di un codice identificativo ha avuto già successo in altri Paesi per smascherare le strutture che operano senza autorizzazione. E auspichiamo presto sia operativo anche in Italia. Manca poi una norma nazionale he renda obbligatoria in tutte le regioni la stipula di un contratto assicurativo per la responsabilità civile a favore dei turisti che scelgono le locazioni brevi. Ci teniamo a ribadire che la proprietà immobiliare è una delle maggiori ricchezze del nostro Paese e mettere a reddito gli immobili costituisce una opportunità per i proprietari che produce ricchezza per lo Stato».
E ancora: «Il settore va, sì regolamentato, ma anche tutelato. Tutto il lavoro che si sta facendo rischia di essere vanificato, come spesso accaduto, se non si interviene sulle Ota e sui portali internazionali sui quali transitano il 90% delle prenotazioni di locazioni brevi. In termini di concorrenza internazionale dobbiamo tutelare le ricchezze dei nostri territori dalle politiche commerciali di soggetti con sedi in paradisi fiscali che, in mancanza di regole chiare, sfruttano e sovraccaricano le nostre città senza benefici per le casse dello Stato», ha concluso Cuomo.