by Andrea Lovelock | 6 Ottobre 2023 11:31
Ancora una volta sul banco degli imputati alcuni vettori e Iata: la nuova puntata di una vera e propria “telenovela” sul rapporto tra Iata, compagnie aeree e agenti di viaggi, che dura da anni, è scritta dagli stessi adv ed è incentrata su due punti: il primo riguarda la mossa di alcune aerolinee che richiedono un fatturato minimo come requisito per mantenere la “piastrina Iata” e il secondo concerne la “fee di affiliazione” per ottenere i codici Iata.
È una nota ufficiale di Advunite, l’associazione guidata da Cesare Foà a lanciare il sasso senza nascondere la mano, e rincarare la dose di uno sdegno per comportamenti “inaccettabili di partner arroganti”, con alcune provocatorie domande del tipo: in un libero mercato, una compagnia aerea può impedire l’emissione di suoi biglietti a un’agenzia di viaggi per scarsa produttività? E ancora: per contrastare questa arroganza, è più efficace avviare tanti singoli contenziosi o un’unica azione legale?
Preoccupazioni condivise da altre associazioni di categoria, ma con distinguo, come quelli di Gianni Rebecchi, presidente di Assoviaggi: «È il sistema Iata a dover essere radicalmente ripensato perché non è al passo con i tempi. Bisogna pensare a strumenti diversi per operare nella distribuzione dei servizi aerei. Ritengo che nella misura in cui si dimostri che i vettori sulle rotte operate detengono una posizione dominante, l’agenzia di viaggi può contestare l’abuso di tale posizione, consistente nella imposizione di un “minimo garantito” per il mantenimento delle piastrine. Tale abuso andrebbe a colpire sia l’adv, che i vettori concorrenti. Ma c’è di più: questa situazione costringerebbe praticamente l’adv a proporre servizi aerei solo di quel vettore che pretende certe produttività. Stiamo già provvedendo ad attivare il nostro studio legale per studiare una efficace ed eclatante protesta da inoltrare all’Antitrust».
Per Fulvio Avataneo, presidente di Aiav, la risposta è categorica: «Premesso che non è legittimo da parte di una aerolinea Iata chiedere un minimo di fatturato per emissione di biglietti, riguardo a una ipotetica class action ricordo che questa mira a far riconoscere un risarcimento per un danno subito da più soggetti colpiti dallo stesso ‘sinistro’ e quindi se si intende ricorrere solo per la fee di affiliazione alla Iata potrebbe avere un senso, ma i costi sarebbero molto elevati. Se invece si intendesse riassumere tutta una serie di comportamenti illegittimi in un’azione giudiziaria, allora potrebbe avere un senso procedere. Ma a mio parere la categoria delle adv non ha ancora quel coraggio necessario a contrastare certi comportamenti».
Mentre il presidente di Fiavet Giuseppe Ciminnisi, sull’ormai annosa vicenda adv-Iata è ancora più drastico: «Oggi per una agenzia non ha più senso essere Iata, quando esistono tanti canali di accesso alla biglietteria aerea e il consumer è libero di fare i biglietti per conto proprio. È chiaro che se un consumer va in adv lo fa per avere maggiori garanzie, ma ribadisco che ormai la Iata così come è strutturata non ha ragione di essere. In Italia su 8mila agenzie operanti, son davvero poche quelle ancora in possesso di codice Iata».
E sul fatturato minimo richiesto interviene, con cautela, il consulente legale di Fiavet, Federico Lucarelli: «Sono temi scivolosi. Sicuramente le agenzie possono utilmente portare avanti la nuova formula della azione di classe prevista dal codice di procedura civile, citando l’art. 2601 per casi di concorrenza sleale. È chiaro che sarebbe preferibile un’azione collettiva perché si deve “aggredire” un contratto uniforme molto diffuso quale è il mandato Iata, offrendo così maggiori possibilità di dar peso giudiziario alla vicenda. Detto questo, la singola impresa di viaggi ha la legittimità di farlo: certo è che bisogna vedere se quella modifica che prevede certe condizioni richieste da uno o più vettori fa parte di un comportamento unilaterale e illegittimo oppure se rientra in una modifica apportata nel mandato Iata. Un’altra indagine da compiere riguarda il come le aerolinee che intendono imporre questa modifica del minimo fatturato vogliono procedere per far rispettare tale condizione, verificando se ci sono le aggravanti legate all’abuso di posizione dominante».
Infine, molto circostanziate le riflessioni del direttore di Fto, Gabriele Milani: «La fee di affiliazione consente di usufruire dei servizi del Bsp. Il vero problema però non è la fee, che si paga per un servizio di pagamento centralizzat,o ma è il contorno di orpelli che si sono aggiunti nel tempo in assenza di marginalità; basti pensare alla fidejussione, alla certificazione Pci-Dss[1], al plafond finanziario (remittance holding capacity), al numero di penali (adm) emesse dai vettori, alle carte di credito non accettate dai singoli vettori, alla gestione delle prenotazioni dei voli cancellati o riprogrammati che sono cresciuti negli ultimi anni e i cui costi di gestione rimangono spesso a carico dell’agenzia di viaggi. Oggi un’agenzia di viaggi deve valutare attentamente l’economicità di avere un codice Iata che si giustifica solo oltre certe soglie di volumi di transazioni».
E ancor più incisiva l’osservazione di Milani sui vettori: «È assurdo che un’adv che comunica il valore di essere agenzia Iata al cliente finale, poi si trovi nelle condizioni di esserlo solo per una parte dei vettori. È assurdo altresì che alcuni vettori abbiano tolto la piastrina dopo due anni di Covid, oppure lo facciano in caso di valori di prenotazioni sotto certe soglie di transato».
E a proposito dei contenziosi, il direttore di Fto ricorda: «A maggio 2019 l’associazione europea degli agenti di viaggi e dei tour operator Ectaa, di cui Fto fa parte, ha presentato un reclamo contro Iata all’Autorità europea garante della Concorrenza per violazione degli articoli 101 e 102 del Trattato Ue. Questa segnalazione è stata fatta in quanto il rapporto commerciale tra agenti di viaggio e compagnie aeree si è evoluto e non ha più nulla a che fare con il precedente rapporto agente-committente. Le compagnie aeree sono entrate in concorrenza diretta con le adv nella distribuzione dei biglietti aerei, mentre i classici sistemi di remunerazione basati su commissioni sono stati abbandonati. È restato tuttavia immutato il fatto che le compagnie aeree impongono vincoli contrattuali molto rigidi, unilaterali e sproporzionati agli agenti di viaggi per la distribuzione dei biglietti, in particolare attraverso il Programma Iata Passenger Agency (Pap). Il Pap è ancora interamente costruito attorno ai tradizionali principi agente-committente. Il Passenger Sales Agency Agreement, che ogni agente accreditato Iata deve firmare, è stato redatto 40 anni fa e non è più in linea con la realtà economica. Ma siamo ancora in attesa che la direzione generale della Concorrenza dell’Ue valuti la segnalazione».
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