Il no al referendum dei dipendenti di Air France non ha fatto che precipitare le cose, ma la situazione della compagnia era già compromessa da tempo. È questo l’ultimo colpo di scena nella vicenda del vettore francese che, dopo il parere negativo espresso dai lavoratori sul piano di aumenti salariali proposto dall’ex-ceo Jean-Marc Janaillac, ha perso il 10% del suo valore azionario nella prima giornata di contrattazioni seguita alle dimissioni del manager di venerdì scorso (il 50% da inizio anno).
Intanto, mentre le principali sigle sindacali hanno indetto per oggi un altro sciopero (il quindicesimo dall’inizio dell’anno, la compagnia prevede di riuscire ad assicurare circa l’85% dei voli, di cui il 99% a lungo raggio, l’80% a medio raggio da e per l’aeroporto Paris Roissy-Charles de Gaulle e l’87% a corto raggio a Orly e nelle province), anche il governo francese che è ancora il primo azionista del vettore, ha preso posizione. Per bocca del ministro dell’economia Bruno Le Maire, il verdetto è stato chiaro: Air France deve fare da sola, «lo Stato non è lì per pagare i debiti», ma piuttosto per aiutare a «ristabilire il dialogo sociale».
Secondo Libération, però, i guai per Air France sarebbe iniziati già nel 2017, anche se stabilire quanti i conti della compagnia francese fossero compromessi è impresa impossibile, dato che i bilanci pubblicati riguardano anche i cugini di Klm. Cugini che, stando al quotidiano francese, pur apportando solo un terzo del giro d’affari complessivo del Gruppo, riescono ad avere una produttività di gran lunga superiore rispetto ad Air France, realizzando circa due terzi degli utili. Di certo, poi, la lunga catena di scioperi non ha fatto altro che peggiorare i conti del vettore, tanto che solo gli ultimi tre giorni sono costati alle casse qualcosa come 300 milioni di euro.
In particolare, Air France starebbe perdendo su tutte le sue componenti di business tranne che sul lungo raggio, oltre a pagare cifre considerevoli per il noleggio dei propri aeromobili. In tutto, si tratterebbe nel 2017 di 7,6 miliardi di euro, che aggiunti all’indebitamento netto del gruppo per 1,66 miliardi, portano i debiti complessivi a superare i 9 miliardi.