«Non siamo in concorrenza con gli hotel e chi lo pensa sbaglia. Noi vogliamo collaborare con gli albergatori e il governo, semplificando le regole per tutti: sia per noi sia per il settore dell’ospitalità». Esordisce senza mezzi termini Matteo Stifanelli, country manager Airbnb per l’Italia, che cerca (e trova) la sponda del governo, rappresentato dal ministro Franceschini. «Il ministro dice che si può semplificare e uniformare la normativa a livello nazionale. È esattamente quello su cui stiamo lavorando».
In fin dei conti i numeri parlano chiaro: l’Italia è il terzo mercato al mondo per Airbnb, con un beneficio economico di 3,4 miliardi per l’economia italiana, un indotto che conta circa 98.400 posti di lavoro e un ricavo medio annuale per host che si aggira intorno ai 2.300 euro. Questi sono alcuni dei dati presenti nello studio “Fattore Sharing: Impatto economico delle piattaforme digitali”, curato da Sociometrica sui dati di Airbnb intervistando 6.324 host e viaggiatori attivi in Italia nel 2015
La proposta di Franceschini
E il ministro del turismo “benedice” la piattaforma di sharing economy come una risorsa utile al mercato turistico. «Albergatori e Airbnb possono convivere e supportare il sistema Italia. Abbiamo già un tavolo di lavoro con le regioni per redigere una classificazione nazionale del settore dell’ospitalità. Promuoverò la stessa formula anche per una intesa sulle piattaforme online come Airbnb, che ci aiutano a moltiplicare le mete di attrazione accogliendo i turisti anche nelle periferie e nei centri minori».
Addio al sistema delle stelle
L’obiettivo, per Franceschini, è «scrivere insieme delle regole chiare, norme che non devono ingabbiare né vincolare troppo». Da un lato il ministro si rivolge agli albergatori, valorizzando il sistema tutto italiano degli hotel diffusi e degli alberghi a gestione familiare, dall’altro elogia Airbnb che permette ai turisti di vivere lo stile di vita italiano e l’ospitaliatà familiare. «Supportiamo entrambi i sistemi che, in Italia, possono convivere ed integrarsi facilmente» conclude Franceschini.
Il ministro punta il dito, poi, su tassazione e sistema di classificazione: «Il modello delle stelle per gli hotel è obsoleto e superato. Ormai possiamo contare sui giudizi e i feedback online dei clienti. E anche la tassa di soggiorno va modificata: l’imposta andrebbe uniformata e legata in percentuale al costo della camera d’albergo così da garantire maggiore trasparenza ed equità fra regioni e comuni».
La versione di Airbnb
«Airbnb rappresenta un’opportunità per il sistema-Paese – prosegue Stifanelli – Aiutiamo il turismo a crescere e a differenziarsi, diffondendo benessere economico a nuove comunità e imprese locali e rappresentando un sostegno per migliaia di cittadini». Nel 2015 sono stati 82.900 gli host italiani che hanno accolto circa 3,6 milioni di ospiti nelle loro case. Consolidata la posizione sul mercato, è il momento di regolarlo, vista la presenza di troppi “furbetti” e una frammentazione legislativa che va “regione per regione”.
«Semplificare per regolamentare, questa è la nostra proposta. C’è bisogno di un approccio unitario e nazionale. Regole comuni anche e soprattutto sulla tassa di soggiorno» sottolinea il country manager. «Non è possibile che a Firenze si paghi questa tassa e a Sesto Fiorentino no, che in alcune città abbia il valore di 1 euro e in altre di 3 euro. Il turista è confuso» ricorda il manager. La piattaforma di sharing economy ha già trovato una intesa con la regione Lombardia con una legge che “riconosce l’occasionalità del servizio di hosting” e semplifica la normativa. Anche la città di Firenze sta lavorando a stretto contatto per raggiungere un’intesa.
«Se non c’è legge, non ci può essere fuori legge – commenta Stifanelli – ma la volontà di Airbnb e degli stessi host è quella di chiedere una regolamentazione unica e chiara che tuteli tutti gli attori del sistema turistico».
Alla presentazione dello studio non erano casuali, infatti, le presenze di Franceschini e di Paolo Testa, capo Ufficio Studi dell’Anci, che hanno rilanciato una proposta per un tavolo tra governo, regioni e comuni per una normativa unica su ospitalità e affitto di case tra privati.
E se le prospettive sono ambiziose, Airbnb rilancia anche sul trade.
«Non abbiamo intenzione di entrare nel B2B, anche se molte agenzie di viaggi usano il nostro portale per soddisfare particolari esigenze dei loro clienti. Da poco abbiamo lanciato una sezione business travel, un canale dedicato ai soggiorni medio-lunghi che unisce le comodità dell’hotel con il comfort di una casa e che dispone di tutti gli strumenti affinche l’azienda possa tracciare i movimenti “finanziari” del dipendente nelle case degli host» conslude Stifanelli.
Il “fattore sharing” è servito: la palla ora passa al governo. E agli albergatori.