L’accusa di “far west nelle locazioni brevi” con la quale il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca ha esordito alla 69ª assemblea annuale della Federazione apertasi a Capri, commentando una ricerca sulla tassa di soggiorno, non è piaciuta affatto ai vertici di Airbnb che hanno duramente replicato nel giro di poche ore.
Bocca aveva evidenziato come, negli ultimi tempi, si è assistito ad una applicazione delle sanzioni a dir poco “paradossale”, laddove si tratta allo stesso modo chi si appropria indebitamente delle risorse a chi sbaglia i conti per pochi euro, ed usa lo stesso metro nei confronti di chi paga con qualche giorno di ritardo rispetto a chi non ha mai versato quanto riscosso.
In una nota diffusa ai media, Airbnb sostiene di “essere l’unica piattaforma digitale ad avere finalizzato accordi per la riscossione dell’imposta di soggiorno, in quasi tutte le città d’arte. Una modalità innovativa che è stata realizzata con politici ed amministratori locali”. I vertici di Airbnb accendono poi la polemica accusando Federalberghi di compiere una “battaglia di retroguardia a difesa di associati che in taluni casi sono accusati di peculato e di offendere le autorità locali che al contrario hanno mostrato lungimiranza, al punto che oggi proprio i protocolli stilati con Airbnb sono un modello per tutte le altre piattaforme di hosting”.
La conclusione di Airbnb è ancora più pesante ed evidenzia una distanza siderale tra le posizioni della federazione e la realtà dell’ospitalità che ha lanciato sul mercato nuove tipologie d’offerta ricettiva che vanno viste come preziose risorse per il turismo.