by Giorgio Maggi | 3 Aprile 2020 11:33
La Iata e alcune delle lobby più influenti all’interno del settore aviation lo ribadiscono quasi ogni giorno. Le conseguenze dell’emergenza da coronovirus, in Europa e non solo, rischiano di provocare un terremoto tra le compagnie aeree di tutto il mondo. «Ci troviamo di fronte a una crisi di una tale portata che, senza aiuti, non può essere affrontata nemmeno dalle compagnie più solide dal punto di vista finanziario», ha detto solo pochi giorni fa il numero uno del Gruppo Lufthansa, Carsten Spohr, che pure può contare su una liquidità di 4,3 miliardi di dollari.
Insomma, se senza aiuti di Stato non si va da nessuna parte, a fare da apripista in questa prospettiva è stata Alitalia, grazie alla nazionalizzazione de facto[1] stabilita a metà marzo dall’esecutivo con l’istituzione di un fondo da 500 milioni per il solo 2020. Fondo che, stando agli ultimi emendamenti al decreto Cura Italia, potrebbe addirittura salire a 700 milioni di euro, a cui si affiancherebbe un’ulteriore dotazione di 600 milioni di euro destinata al resto del comparto aereo tricolore, Blue Panorama e Neos in testa.
In Francia, invece, la nazionalizzazione di Air France[2] è qualcosa di più di una «ipotesi», dopo le dichiarazioni in questo senso del ministro delle Finanze e di quello dei Trasporti transalpini, Bruno Le Maire. «Lo Stato giocherà il suo ruolo in questa crisi, sostenendo aziende come Air France-Klm (nei due vettori la partecipazione pubblica è già del 14%)», hanno detto a più riprese entrambi, spalleggiati a distanza dal ministro delle Finanze dei Paesi Bassi, Wopke Hoekstra.
Per restare al vecchio continente, anche Virgin Atlantic (ma non il Gruppo Iag) ha in programma di chiedere aiuti finanziari al governo britannico per centinaia di milioni di sterline, mentre dall’altra parte dell’Atlantico l’amministrazione Trump ha deciso di stanziare circa 50 miliardi di dollari a favore dei principali vettori americani; la metà sotto forma di garanzie bancarie, l’altra metà per evitare il licenziamento dei dipendenti almeno fino al 30 settembre.
Si tratterà invece di un sostegno finanziario diretto, attraverso un aumento di capitale[3], quello che ha annunciato lo sceicco Hamdan bin Rashid Al Maktoum, vice governatore dell’emirato di Dubai, in favore di Emirates. La stessa formula che, con ogni probabilità, utilizzerà anche il governo di Doha per appoggiare il proprio vettore di bandiera, dopo che il numero uno di Qatar Airways Akbar Al Baker ha detto a chiare lettere che “non ci sono abbastanza soldi per andare avanti a lungo”
In Asia, infine, mentre Singapore Airlines sarà salvata[4] con un piano da 13 miliardi in bond e azioni sottoscritte interamente da fondi di equity di Stato, in Cina gli aiuti governativi sono già arrivati a favore delle “big three” Air China, China Southern e China Eastern; stessa cosa a Taiwan, dove lo Stato ha messo sul piatto 994 milioni di dollari per sostenere l’intero settore aviation,
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