Alberghi e affitti brevi, il diktat di Bocca: «Stesso mercato, stesse regole»

16 Maggio 11:00 2023 Stampa questo articolo

Soddisfatti per l’andamento della stagione, ma prudenti per vedere se davvero il 2023 porterà il turismo italiano, e quindi le strutture alberghiere, a superare i risultati già più che soddisfacenti del 2019. Per questo, Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, nella sua relazione alla 73ª assemblea che si è tenuta a Bergamo lo scorso weekend, ha voluto sintetizzare le richieste avanzate al governo.

Esecutivo peraltro rappresentato dal ministro del Turismo, Daniela Santanchè, la quale ha parlato agli albergatori promettendo interventi in favore del settore ma, soprattutto, rivendicando le azioni già realizzate. Ecco come Bocca ha spiegato come vede la situazione attuali rispondendo alle domande de L’Agenzia di Viaggi Magazine.

Presidente Bocca, più che di problemi questa volta si è parlato di quanto le cose stanno andando bene.
«Diciamo di quanto le cose si stanno riprendendo. Perché comunque non basta una stagione buona per cancellare le ferite di due anni di chiusura. Sicuramente siamo sulla strada giusta e i dati sono buoni. Ci auguriamo che il 2023 sia finalmente l’anno del sorpasso rispetto al 2019».

Su uno dei punti critici che state vivendo come categoria, quello degli affitti brevi, il ministro è stato bipartisan. Ha detto “sì, però…”.
«Ci auguriamo che l’esecutivo sia più deciso sul tema degli affitti brevi, che per noi è un tema cruciale e che era dentro la nostra piattaforma elettorale che abbiamo presentato a tutte le forze politiche. Noi diciamo “stesso mercato stesse regole”. Tanto è vero che a fianco nostro ci sono anche le associazioni dei bed and breakfast e degli affittacamere. Noi chiediamo che ci sia una regola che imponga una permanenza minima. Cioè se io affitto il mio appartamento per un periodo inferiore ai tre giorni, questo non è più un affitto ma una concorrenza all’albergo. Pertanto io devo avere tutte le regole a cui è sottoposto l’albergo. Quindi il termine è la permanenza minima di affitto di questi appartamenti. Se il governo ha voglia di risolvere il problema deve mettere questa norma rispetto alle piccole strutture e strutture familiari che sono appunto gli affitti brevi. Che fanno concorrenza all’albergo in tutti i sensi».

C’è poi un’altra concorrenza interna al settore alberghi, cioè la grande catena nei confronti della piccola struttura. L’Italia sta forse soffrendo l’arrivo delle grandi catene internazionali?
«Secondo me non è un problema perchè la concorrenza fa bene al mercato. Anche perché il web permette anche a una piccola struttura di commercializzarsi in giro per il mondo a un prezzo assolutamente accettabile. Ovvio che le grandi catene hanno un sistema di costi – dato dalla loro dimensione – molto più conveniente del piccolo albergo. La famosa economia di scala. Però credo che in Italia c’è posto per tutti. Oggi abbiamo 33 mila strutture: l’importante è averle  per tutte le tasche. E poi vorrei dire che quando un turista viene in Italia cerca anche un prodotto italiano. Magari cerca meno la grande catena internazionale standardizzata e più il tipico albergo italiano».

Proprio sulla italianità, o meglio sulla perdita d’identità, è stato lanciato un allarme da alcuni albergatori. Una località dove il turismo diventa anche l’economia preminente, rischia di perdere quell’atmosfera che poi turisti vengono a cercare. È un po’ il rischio dell’overtourism…
«Per evitare l’overtourism bisogna spingere i turisti a tornare più volte in Italia. Perché la prima volta che un turista viene in Italia va a visitare per forza le big five: Venezia, Roma, Firenze, Milano e Napoli. Oggi il grosso boom del turismo in Italia è dato dal mercato Usa. Ovviamente l’americano che viene in Italia per la prima volta, nel 90% dei casi va nelle big five. Quindi, bisogna puntare su un turista europeo, un turista italiano, che magari le città suddette le ha già viste e quindi cerca di esplorare altre destinazioni, a mio giudizio altrettanto belle, ma meno conosciute. L’unica soluzione, quindi, è spostare un po’ i flussi su tutto il territorio».

Avete ospitato un importante imprenditore come Brunello Cucinelli, affrontando anche il problema della carenza personale. Problema che vivono un po’ tutte le aziende ,ma nel turismo si sta facendo sentire più che in altri settore. Cucinelli ha detto «Beh, bisogna trattarli bene i dipendenti».
«Abbiamo apprezzato l’intervento di Brunello Cucinelli. Probabilmente tanti alberghi non hanno i margini che magari ha il settore della moda. Noi ci accontenteremmo di un taglio sul cuneo fiscale perché oggi per dare mille euro netti in tasca a un dipendente il costo-azienda arriva a 3mila euro. E questo è assurdo. Quindi invece di chiedere magari più soldi alle imprese con incrementi di stipendio, bisogna intanto cominciare a tagliare sui contributi e mettere più soldi nelle tasche dei nostri dipendenti».

Però le tariffe sono già in linea con quelle europee. Prima gli alberghi in Italia avevano tariffe più basse.
«Però non esiste un Paese come l’Italia dove c’è un carico contributivo così alto. Magari Montecarlo non fa testo ma lì se tu dai 2000 euro a un cameriere; lui in tasca ne riceve 1800. Se tu dai 2.000 euro a un cameriere in Italia a lui gliene arrivano 700».

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Giampiero Moncada
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