Alitalia dimezza il rosso aspettando la cordata patriottica
Sarà pure primatista europea in puntualità, ma per Alitalia non c’è un minuto da perdere. È la frase secca pronunciata dal commissario Luigi Gubitosi davanti ai parlamentari della Commissione speciale al Senato dove, insieme agli altri due commissari Enrico Laghi e Stefano Paleari, si è svolta giovedì un’audizione dedicata alla compagnia aerea.
Nessuna precisazione è stata fornita su tempi e modalità per la vendita: «Non è possibile rispondere a domande di questo tipo perché le trattative sono riservate», ha commentato laconico Gubitosi, snocciolando i dati del primo trimestre 2018 con ricavi a 597 milioni di euro (+4%) e perdite ridotte a -117 milioni di euro rispetto ai 228 milioni di fine anno.
In cassa rimangono 769 milioni di euro. La cura commissariale ha dimezzato il rosso di Alitalia, ma le spese continuano a essere superiori agli incassi. Quindi bisogna schiacciare il piede sull’acceleratore, come ha esplicitamente dichiarato Gubitosi: «Qualunque cosa vorrà fare il nuovo governo, che lo faccia presto».
In un rapido confronto tra i periodi maggio-dicembre del 2016 e del 2017, i ricavi hanno sostanzialmente tenuto superando i 2,1 miliardi. I tre commissari hanno confermato che la strategia commerciale punta quasi tutto sul lungo raggio, dove peraltro i risultati si sono visti proprio in questi primi tre mesi con un +8,8% tra gennaio e marzo nei biglietti venduti.
Altra scontata considerazione dei tre commissari ha riguardato l’attuale fase di stallo, in quanto l’assenza di un esecutivo protrae i tempi per la cessione anche se, indiscrezioni che giungono dai sindacati piloti e assistenti, danno per certo che il nuovo governo punterà a nazionalizzare la compagnia, magari azzardando una nuova cordata patriottica, ma gli analisti dubitano che con l’attuale congiuntura economica ci siano privati dalle spalle grandi in grado di assumere un impegno così oneroso.
Intanto su Alitalia pende la spada di Damocle dell’Unione europea che ha già acceso i fari sul prestito-ponte di 900 milioni di euro e solo la mancanza di un nuovo governo ha scoraggiato i funzionari di Bruxelles dal pressing sulla vicenda. Ma prima o poi il nodo del prestito in odore di aiuto di Stato giungerà al pettine e per il duo Salvini-Di Maio, se si arriverà a un esecutivo condiviso, saranno giorni molto pesanti.