Ci sarà tempo fino almeno alla fine di marzo perché Fs presenti la propria offerta per salvare Alitalia. Con l’ok del ministero a questo ulteriore rinvio arrivato ieri sera, per il Gruppo guidato da Gianfranco Battisti ci sono, dunque, almeno altri due mesi per trovare i partner industriali disposti a sposare il progetto fondato su una stretta integrazione treno-aereo voluto dall’esecutivo gialloverde per rilanciare l’ex vettore di bandiera.
«Attendiamo l’evoluzione del dossier», ha detto nelle scorse ore Battisti a margine di un incontro a Milano, chiarendo che «il piano industriale sarà pronto entro fine marzo». E così, se inizialmente una soluzione era attesa prima per novembre e poi per fine gennaio, adesso qualche certezza in più non potrà che arrivare a primavera avanzata, visto che da parte governativa nessuna deadline precisa è stata indicata.
Anzi, il sospetto che incomincia a farsi strada è che il governo non abbia alcuna intenzione di mettere mano veramente alla questione prima dei risultati delle elezioni europee de prossimo maggio (la restituzione del prestito ponte da 900 milioni di euro, non a caso, è già stata spostata a fine giugno), per non essere chiamato a rispondere di eventuali tagli al personale e dei conseguenti scioperi.
Proprio i tagli al personale sono una delle precondizioni che Lufthansa continua a mettere sul tavolo in vista di un suo ingresso nel capitale della newco. Circa 3.000, infatti, sarebbero gli esuberi previsti nei giorni scorsi da Harry Hohmeister, membro del consiglio di amministrazione del Gruppo tedesco, il quale ha sottolineato come Lufthansa abbia avuto colloqui per rilevare una quota di maggioranza nella compagnia aerea italiana Alitalia, essendo interessata nel lungo termine a prenderne il controllo totale.
Secondo l’ipotesi, si dice appoggiata anche dalla Lega, Alitalia rimarrebbe operativamente indipendente all’interno del Gruppo Lufthansa, con un proprio marchio.
«Stiamo lottando per il mercato italiano e questo include Alitalia», ha detto Hohmeister a Reuters, aggiungendo che le condizioni che aveva posto la compagnia aerea tedesca per l’acquisizione sono rimaste invariate. Quindi tagli al personale, anche se «in modo socialmente responsabile», con la convinzione che la solida posizione economica della compagnia tedesca dovrebbe essere «una ragione sufficiente per i responsabili di Alitalia per pensare se vogliono essere parte di un forte sistema europeo o scegliere un altro percorso».