Il governo sulla vicenda Alitalia getta la spugna e si è sempre più vicini al “game over”. Nel corso dell’audizione del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, alla Commissione Industria del Senato l’annuncio che era già nell’aria: i tentativi di privatizzare Alitalia sono falliti, i possibili compratori – Atlantia in testa – si sono ritirati e non ci sono le condizioni per trovare in extremis delle “soluzioni di mercato”.
Patuanelli ha aggiunto che il governo si trova ora di fronte scelte difficili e impopolari. Frase sibillina che preannuncia l’apertura di un nuovo capitolo del salvataggio all’insegna di una nazionalizzazione, con il possibile intervento di Invitalia, che farà storcere il naso a molti, in primis ai contribuenti italiani.
L’uscita di scena di Atlantia, dovuta essenzialmente all’assenza da parte del governo di garanzie sul fatto che le sue concessioni autostradali non saranno ritirate in seguito alla vicenda del Ponte Morandi e l’esplicita condizione posta da Lufthansa, secondo partner industriale interessato ad Alitalia, di entrare in una compagine azionaria soltanto dopo aver risanato l’aerolinea, hanno di fatto azzerato qualsiasi ipotesi percorribile per una newco credibile sul mercato.
È di pochi giorni fa, a tal proposito, la lucida riflessione di un super esperto dei trasporto aereo, il professor Antonio Bordoni, docente alla Luiss di Gestione delle compagnie aeree, che riguardo alla condizione posta da Lufthansa ha dichiarato: «Credo che sia una condizione logica: chi comprerebbe un prodotto senza garanzie? In questo caso nessun soggetto economico si azzarderebbe ad investire in una azienda decotta».
E proseguendo nelle sue analisi, il professor Bordoni ha ricordato sul quotidiano La Stampa un fatto ignorato nel dibattito nazionale su Alitalia: «I commissari straordinari, anche se non sono obbligati a redigere un bilancio, sono comunque tenuti a presentare relazioni trimestrali sulla situazione della compagnia. E quelle del 2018 sono state pubblicate sul sito di Alitalia. Ma da quasi un anno questo non succede più. La relazione trimestrale pubblicata più di recente online risale al 31 dicembre del 2018. Con tutto quello di cui si discute, il pubblico avrebbe il diritto di dibattere su numeri ufficiali aggiornati, e non vecchi di quasi un anno».