Alitalia ha chiuso i primi sei mesi di quest’anno con un rosso di 430 milioni di euro a causa del coronavirus, un passivo quasi raddoppiato rispetto ai -250 milioni di un anno fa. Tuttavia, sottolinea il Corriere della Sera sulla base di alcuni report in suo possesso, i conti di Alitalia sono andati meglio delle altre compagnie a livello continentale (major e low cost), dal momento che “il Covid-19, oltre ad aver annullato i divari finanziari, in questa fase ha avuto le conseguenze peggiori sulle aviolinee profittevoli”.
Così, tra aprile e giugno, Alitalia ha perso per viaggiatore imbarcato meno della metà di Klm e Lufthansa, un terzo di Air France, un sesto di easyJet, un ottavo di Iag. Stesso risultato sul fronte delle perdite, con la compagnia tricolore che nel primo semestre Alitalia ha registrato circa 545 milioni di euro di ricavi (-62% rispetto a un anno prima), totalizzando -430 milioni di perdite. Meglio, in ogni caso, di quanto fatto nello stesso periodo da British Airways (2,45 miliardi di euro di perdite mentre l’anno scorso aveva avuto 873 milioni di profitti), Lufthansa (-1,71 miliardi, a fronte di 361 milioni di guadagni nello stesso periodo del 2019), Air France (-1,6 miliardi, mentre un anno prima il rosso era di 94 milioni).
Intanto, sul fronte della costituzione della newco (dovrebbe nascere), non c’è ancora una data per la riunione fra i quattro ministri che devono «concertare» il decreto di costituzione (Mef, Trasporti, Mise e Lavoro). Mentre i vertici designati della «nuova Alitalia» — l’amministratore delegato Fabio Lazzerini e il presidente Francesco Caio — stanno lavorando al piano industriale e alla squadra, la nuova società con capitale di 20 milioni (i 3 miliardi promessi dal governo arriveranno solo in un secondo momento) non è ancora partita.
Una volta costituita, la newco avrà 30 giorni di tempo per mettere nero su bianco il business plan, inviarlo alle commissioni parlamentari di Camera e Senato (le commissioni avranno altri 30 giorni per esprimere un parere). Sullo sfondo, poi, rimangono sempre gli altri nodi: la questione esuberi (circa 4mila-4.500 che resterebbero nella bad company, sotto il commissario), le dimensioni della flotta (70 aerei a regime, rispetto ai circa 110 attuali) e l’autorizzazione dell’Unione europea che non vuole aiuti di Stato.