Esce di scena anche Atlantia nella vicenda del salvataggio Alitalia. Attraverso una nota lapidaria l’amministratore delegato del Gruppo che gestisce Aeroporti di Roma e Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, ha dichiarato: «Il cda non ha mai affrontato questo tema. Abbiamo talmente tanti fronti aperti che aprirne un altro in più, particolarmente complesso, non ce lo possiamo permettere».
Una doccia freddissima per il governo italiano che arriva alla vigilia di Pasqua con un panorama di potenziali acquirenti ormai assai sparuto: calendario alla mano, tra gennaio e marzo si sono ventilati gli interessi di Lufthansa che evidentemente ha valutato negativamente i conti e l’effettiva resa dell’operazione; easyJet, che era tra le più papabili, improvvisamente allontanasi; e ancora Poste Italiane e Cdp, che ha ripetutamente smentito l’interesse; e Fincantieri che ha impiegato meno di 48 ore per scartarsi dalla vicenda.
I DUBBI DI FERROVIE DELLO STATO. Ad oggi sul tavolo rimangono il Gruppo Fs, disposto ad acquisire solo il 30% e non di più, il partner industriale Delta Air Lines fermo sulla soglia del 15% (con un esborso massimo di 150 milioni di euro) ed il ministero del Tesoro, impegnato per un altro 15% per effetto della conversione in capitale di una parte del prestito ponte dello Stato. Continua a mancare, però, un altro grosso investitore pronto ad acquisire quote consistenti e la parte pubblica non può permettersi di accollarsi un rimanente 40% in quanto scatenerebbe un putiferio in Europa e nel mondo politico italiano.
A tal proposito è di questi giorni il duro invito delle opposizioni al vice premier, Luigi Di Maio – colpevole di un “ottimismo fuori luogo” – a presentarsi in Parlamento. Il governo, infatti, non ha ancora aggiornato deputati e senatori sul reale stato dell’arte dell’ex compagnia di bandiera. Ora deve dare un segnale concreto alla vigilia della scadenza per la presentazione del piano industriale, promesso entro fine aprile.
Lo stesso amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Gianfranco Battisti, che nei giorni scorsi aveva addirittura azzardato l’ipotesi di un piano pronto prima di Pasqua, in questi ultimi giorni non ha rilasciato dichiarazioni in merito (se non quelle di rito, ndr) e questo la dice lunga sull’imbarazzo generale che si respira sia a Piazza della Croce Rossa che a Palazzo Chigi.
I RISVOLTI POLITICI. I media economici italiani ed esteri, poi, continuano di giorno in giorno a snocciolare i dati sconfortanti di una epopea senza fine: 30 anni di sperperi e di perdite per un importo vicino ai 7,5 miliardi di euro. Un importo che pesa molto anche sulle spalle dei contribuenti e che suggerisce, inoltre, di evitare il salvataggio pubblico sopratutto in vista delle elezioni europee del prossimo maggio.
Intanto, però, il governo avrebbe cancellato il termine del 30 giugno 2019 per la restituzione del prestito ponte di 900 milioni. Secondo Il Sole 24 Ore, infatti, la norma è prevista tra le bozze del decreto legge crescita ed è “volta a consentire l’eventuale ingresso del Mef nel capitale sociale della Newco Alitalia».
I SINDACATI IN ALLARME. Sempre in queste ore si sono poi moltiplicate anche le reazioni dei sindacati. Salvatore Pellecchia, della Fit-Cisl, al termine dell’ennesima riunione con i Commissari Alitalia ha smentito la convocazione di una mobilitazione generale per la prossima settimana aggiungendo, però, che: «Non ci sono novità e quel che è più grave, il piano industriale per il rilancio della compagnia tarda ad arrivare, visto che la ricerca del partner non è stata perfezionata. Ora tocca al governo dare segnali chiari di cosa si vuol fare della compagnia aerea, senza lasciare a Fs l’onere di un risanamento. Di fatto il destino del vettore dipenderà dagli obiettivi del piano industriale, dalle capacità del gruppo dirigente di renderlo operativo e dai necessari interventi legislativi per impedire forme di concorrenza sleale».
Ancor più drastico il pensiero di Fabrizio Cuscito, di Fit-Cgil, che ha dichiarato «Continua il teatrino delle dichiarazioni importante all’ottimismo da parte del Governo, ma la realtà è che ad oggi non c’è un piano industriale e soprattutto non c’è alcuna certezza sul salvataggio».