by Giorgio Maggi | 30 Luglio 2018 9:33
Fermi tutti, per Alitalia è tutto da rifare. Mentre alcune indiscrezioni hanno gettato nuova luce sul perdurare dei conti in rosso della compagnia[1], secondo quanto riporta Il Messaggero il governo ha stilato una nuova rotta per portare, o forse sarebbe meglio dire riportare, l’ex-vettore di bandiera nelle mani dello Stato.
Se fino a ieri il premier Conte, e i suoi alleati, si erano limitati a spostare al 31 ottobre la scadenza per completare la procedura di cessione dell’ex compagnia di bandiera, adesso chi vorrà salire a bordo del vettore dovrà partecipare a una gara nuova di zecca; con nuovi paletti, tempi e procedure, ma sempre con l’obiettivo di trovare un partner industriale che affianchi con un quota di minoranza, per l’appunto, lo Stato.
Niente “spezzatino” dunque, mentre la quota del capitale in mano pubblica dovrà essere superiore al 50%, con un intervento che si configura in due modi: o attraverso la conversione in azioni del credito per il prestito statale di 900 milioni alla compagnia (il termine per la restituzione è stato fissato al 15 dicembre, ma anche qui adesso tutto può cambiare), o attraverso la partecipazione diretta di società come Cdp e Fs.
Stando al quotidiano romano, il nuovo bando di gara prenderà forma a settembre. «La rotta per Alitalia è stata tracciata – spiega al Messaggero Armando Siri, sottosegretario leghista alle Infrastrutture – perché ormai abbiamo raccolto quasi tutti i dati sullo stato di salute della compagnia». In lizza come è noto, per il momento ci sono Lufthansa, Air-France-Delta e la low cost EasyJet, con i tedeschi che fanno ad or sono stati gli unici ad aver inviato al Mise una lettera ufficiale per dirsi disponibili anche ad avere una quota di minoranza.
«Deve essere chiaro – spiega Siri – che con questo esecutivo cambia completamente l’impostazione generale. Non ci sarà nessuna svendita, né tanto meno un depauperamento dell’azienda, ma un rilancio per integrare sempre di più nella filiera del turismo la compagnia. Per fare questo sarà necessario investire sulla flotta, aumentando i voli di lungo raggio, il business più redditizio».
Per chi vorrà proporsi come partner industriale, continua il sottosegretario, bisognerà presentare un «piano articolato, con l’indicazione dell’hub di riferimento, dei livelli occupazionali, dei sistemi di prenotazione, della rete nazionale e internazionale su cui si vuole puntare per crescere». E senza troppi tagli, visto che «dopo i tanti soldi spesi dagli italiani per salvare Alitalia, quasi 10 miliardi dal 2008 ad oggi, non possiamo accettare macelleria sociale o, peggio, un fallimento».
Sul fronte delle partnership pubbliche, tutto sembrerebbe ancora certo. «A seconda delle esigenze studieremo la situazione – dice sempre Siri – con aziende che si occupano di trasporti e di mobilità. Puntiamo decisamente al rafforzamento patrimoniale e alla credibilità dell’azionariato. Sopratutto vogliamo superare definitivamente il gap che ha frenato fino ad oggi lo sviluppo, cioè la flotta troppo piccola e debole sul lungo raggio. Mentre le potenzialità di crescita sono enormi».
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