Alla fine si farà. L’offerta per Alitalia da parte di Ferrovie dello Stato ci sarà, ma non sarà vincolante e, cosa più importante, sarà subordinata al coinvolgimento, in una fase successiva, di un partner industriale (tradotto, un’altra compagnia aerea).
Come formalizzato dal cda di Fs nelle scorse ore, sul tavolo dei tre commissari sarebbe arrivata la proposta di acquisto del 100% del vettore (si parla di una cifra contenuta, inferiore ai 100 milioni di euro, per rilevare i rami d’azienda delle società Alitalia e Alitalia Cityliner) da parte del gruppo guidato da Gianfranco Battisti. Una proposta che, come condizione, vedrebbe non solo la presenza di un vettore straniero, ma anche quella di altre società pubbliche, insieme alle quali detenere una quota che si ipotizza compresa tra il 51% e il 60%.
Ma è proprio sugli aut aut posti da Battisti che si addensano le nuvole più nere per il futuro dell’ex vettore di bandiera. Ieri, per bocca del suo numero uno Carsten Spohr, dalla corsa non si è chiamata fuori solo Lufthansa («Siamo pronti a investire su compagnia, ma non in partnership con il governo italiano», ha detto il ceo del gruppo tedesco), ma anche i possibili partner pubblici.
La presa di posizione più netta è arrivata dalle Fondazioni bancarie, forti di una quota di minoranza (15,93%) in Cdp e, soprattutto, di un diritto di veto sulle operazioni strategiche. «L’ho detto e lo ripeto, è diventato un ritornello e sul punto siamo rigidissimi: in Alitalia, Cdp non deve mettere un euro per nessuna ragione. Siccome sono votazioni a maggioranza qualificata, il sistema delle Fondazioni mi ha già dato mandato di dire che non voteremo investimenti in Alitalia», ha chiarito Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri che rappresenta le Casse di Risparmio e le Fondazioni (Cdp, tuttavia, potrebbe rientrare dalla finestra ed essere coinvolta nel leasing degli aerei).
No secco, anche da Leonardo che, riporta Milano Finanza, “non ha e non prevede di avere alcun ruolo” nel salvataggio della compagnia aerea; e da parte di Eni, che ha ribadito di non essere stata coinvolta “in alcuna operazione su Alitalia e l’ipotesi di un nostro ingresso nella compagnia è priva di fondamento”.
Ancora in ballo, poi, la questione relativa ai partner industriali. easyJet avrebbe manifestato per la terza volta il suo interesse per un’Alitalia ristrutturata, mentre sul fronte lungo raggio tracce consistenti porterebbero dalle parti di Delta.
Anche se solo pochi giorni fa il chief executive Edward Bastian non ha voluto rispondere alla domande dei cronisti in merito alla questione Alitalia, i rumors parlano di un forte interessamento del vettore a stelle e strisce per la compagnia tricolore. In palio, ci sarebbe l’acquisizione di una rilevante partecipazione (comunque inferiore al 50% per le regole comunitarie) a fianco degli investitori pubblici. La precondizione, ovviamente, sarebbe quella di entrare in una società già ristrutturata, vista anche la grande differenza esistente tra i modelli di relazioni sindacali vigenti tra le due sponde dell’Atlantico.
A fare pendere l’ago della bilancia in favore del vettore di Atlanta, inoltre, sarebbe la conquista di un’ulteriore posizione di forza nell’ambito delle joint venture transatlantiche. Dopo aver siglato lo scorso maggio quella con Air France-Klm e Virgin Atlantic in relazione alle rotte tra Regno Unito e Usa, Delta potrebbe ora avere la tentazione di rinegoziare in una posizione di forza la partnership già esistente con Alitalia e Air France-Klm, destinata a scadere nel marzo 2022.
Adesso, però, dopo l’arrivo dell’offerta di Fs, il prossimo passo spetta sull’intera vicenda spetta al ministero dello Sviluppo economico, che dovrà dettare i nuovi tempi della partita. Senza contare che sullo sfondo rimane il nodo della restituzione del prestito ponte: 900 milioni più interessi (circa 1 miliardo in totale) da rimborsare entro il 15 dicembre.