Culla dell’umanità, da secoli l’Etiopia seduce i viaggiatori in uno degli ultimi angoli del mondo in cui gli stili di vita resistono al tempo. L’amabilità del popolo antico di questa nazione è evidente già in Ambasciata per il visto e i primi incontri. Rispettivamente a sei e sette ore di volo da Fiumicino e Malpensa, il moderno aeroporto Bole International è la porta di Addis Abeba, il “nuovo fiore”. La capitale indossa elegantemente il suo nome; cosmopolita e in pieno sviluppo, 3 milioni di abitanti, 80 nazionalità ed etnie, comunità cristiane, musulmane, ebraiche e animiste, convivono nel baricentro diplomatico del continente, sede dell’Unione Africana e della Commissione delle Nazioni Unite per l’Africa. Dai 3.200 metri della “collina” di Entoto, in una fresca foresta di eucalipto, il palazzo imperiale di Menelik II regala una vista sulla capitale emozionante.
In città il mercato di tessuti di Shiromeda è la base ideale per perdersi tra chiese, ristoranti, concerti éthiojazz e cerimonie del caffè; momenti di riposo prima di salutare nel Museo Nazionale la madre di noi tutti: Lucy, l’australopiteco di 3.200.000 anni conosciuta con il nome di una hit dei Beatles, ma chiamata nella lingua locale, l’amarico “Dinkinesh”, ovvero “sei meravigliosa”. Un’ora di volo e il Lago Tana (protetto dall’Unesco) svela il luogo mitico dove nasce il Nilo Azzurro. I suoi 3.500 km² custodiscono monasteri ortodossi del XIII secolo, e sono accarezzati da pescatori che scivolano sulle acque con piroghe di papiro tra ippopotami e ibis, in un’atmosfera sospesa tra antico Egitto e medioevo copto.
Impossibile anche per i non credenti non commuoversi in una delle chiese nella penisola di Zeghie. Le pitture affascinano il visitatore e invitano il fedele alla riflessione. Arcangeli e cherubini di gusto bizantino introducono agli episodi del Vecchio Testamento e della vita di Gesù e la Madonna tratti dai Vangeli, compresi quelli che noi consideriamo apocrifi. Anche i meno attenti notano un filo diretto tra ortodossia copta ed ebraismo originario.
Con tre ore di macchina tra piantagioni di caffè e mais si raggiunge la cittadella di Gondar (anch’essa patrimonio Unesco), fondata intorno al 1630 dall’imperatore Fasilidas in perfetto stile portoghese. I castelli, la biblioteca e la sala della musica ne evidenziano il ruolo di Corte imperiale nel mezzo dell’Africa, tanto che già nel 1648 l’ambasciatore yemenita Hasam Ben Ahmed El Haimi ne parlava come di “un edificio magnifico che si colloca tra le più belle meraviglie costruite con pietre e calce. In tutta l’Abissinia, non ha eguali e in ogni appartamento sono presenti letti bizantini e materassi italiani, impreziositi da oro e gemme”.
A un centinaio di km dalla “Camelot africana”, dopo i villaggi Falascià, gli ebrei etiopici, il Parco Nazionale del Symien (Unesco) merita una sosta di più giorni in uno dei bei lodge organizzati per il trekking. È ancora poco frequentato e le cime che superano i 4.500 metri offrono paesaggi “afro-alpini” incontaminati con specie endemiche come lo stambecco di Abissinia e il Gelada, l’imponente scimmia leone. Un improvvisa acquazzone ci regala l’incanto di un intero branco che protegge e riscalda i piccoli dall’impeto della pioggia. Due ore di volo dopo si atterra nella biblica Axum (Unesco) residenza della Regina di Saba e citata nel Libro dei Re. Il piazzale con le decine di steli monolitiche regala un colpo d’occhio impressionante. Alcune sono enormi, altre più piccole, una ricorda le tombe reali sottostanti. A pochi passi mito, religione e storia si fondono nella cappella della Chiesa di Santa Maria di Sion dove un monaco solitario custodisce l’Arca dell’Alleanza, dono di re Salomone al figlio Menelik I e portata qui da Gerusalemme.
Situata a tre quarti d’ora di volo da Axum, si trova l’incantevole Città Santa di Lalibela (Unesco) la seconda Gerusalemme, realizzata nel cuore dell’altopiano in alternativa ai pellegrinaggi in Terra Santa, interamente scavata nella roccia. Le sue 11 chiese del XII sec. “scolpite dagli angeli” sono cattedrali monolitiche unite da un labirinto di celle e cunicoli di cui prendendo a prestito le parole scritte nel 1522 dal missionario portoghese Francisco Álvares “non mi affanno a scrivere di più perché mi pare che non sarei creduto se ne scrivessi ancora”. Al confine tra Kenya e Sud Sudan, la Valle dell’Omo (Unesco) è un tesoro di scienze naturali e antropologiche. Otto ore da Arbaminch (un’ora di volo da Addis Abeba) ci separano dai gruppi etnici di Mursi e Hammer e dai mercati che riuniscono popoli provenienti da ogni angolo della regione. Impressionanti i villaggi dei Dorse, con le capanne a forma di elefante, e quelli dei Konso, dove i nove clan e il loro re abitano in imponenti città di pietra che ricordano nuraghi immersi in colline coltivate a terrazzamenti secolari.
Il viaggio nella Terra delle origini è un sogno che finisce sulle rive del lago Chamo assaporando lo stufato di carne e verdura servito sulla injera, la piadina spugnosa a base di farina di teff che mangiano i locali. È l’ora del tramonto e la foresta si quieta; coccodrilli, ippopotami e aquile bianche tornano al loro meritato riposo nella Valle del Rift, nel cuore della Grande fossa tettonica dove tutto ebbe inizio.
YOHANNES TILAHUM: «OBIETTIVO QUALITÀ E INVESTIMENTI». L’incontro con l’uomo nuovo del turismo etiope, l’ingegnere Yohannes Tilahum ha coronato il fam trip per giornalisti e t.o. provenienti da Nigeria, Indonesia, Italia, Francia e Usa. Un esempio di sistema tra Ethiopian Tourism Organisation, Ethiopian Airlines e Ambasciate di Etiopia mirato ad accompagnare lo sviluppo dell’industria turistica secondo i princìpi di responsabilità e sostenibilità propri dell’Unesco, i cui siti nel Paese sono ben nove. Di madre italiana e formazione statunitense, il neo ceo dell’ente sottolinea lo sforzo che la nazione sta facendo con investimenti milionari in formazione, qualità, infrastrutture e collegamenti aerei. Al primo posto tra i Paesi più sicuri del continente e con un bassissimo livello di corruzione, l’Etiopia è oggi una delle economie africane con il più alto tasso di crescita: «Se negli ultimi 10 anni il governo ha focalizzato le proprie politiche su agricoltura e manifattura, oggi è il momento del turismo anche con l’ausilio delle nostre ambasciate nel mondo, seconde per numero solo a Usa e Ue». «Per il mercato italiano – confida a L’Agenzia di Viaggi – l’interesse è rafforzato dagli stretti e storici rapporti culturali ed economici. Nei prossimi mesi uscirà il piano strategico sullo sviluppo turistico che – prosegue Tilahum – avrà una particolare attenzione agli standard internazionali di qualità, al turismo culturale, a quello nei Parchi Nazionali e al segmento religioso in continua crescita».
LE AMBIZIONI DI ETHIOPIAN AIRLINES. “Bringing Africa to the world for 70 years” è, non a torto, il motto della Ethiopian Airlines, compagnia di bandiera etiope. «Il vettore opera voli passeggeri e cargo verso 95 destinazioni nel mondo, 19 delle quali domestiche» fa notare il managing director Hailemelekot Mamo in un incontro organizzato presso l’Aviation Academy del moderno aeroporto Bole ad Addis Abeba. In fase di ulteriore ingrandimento l’hub conta più di 7 milioni e 600mila passeggeri l’anno tra voli nazionali e internazionali. «Intendiamo diventare leader dell’aviazione in Africa fornendo un servizio di trasporto passeggeri, merci, catering di volo, Mro (maintenance, repair and operations) e servizi terrestri, garantito dal mercato e orientato al cliente entro il 2025», sottolinea Mamo. Partner di Star Alliance, Ethiopian Airlines collega quotidianamente Roma e Milano con Addis Abeba attraverso i B787 Dreamliner e provvede ai collegamenti domestici con moderni Bombardier Q-400. Vincitrice di diversi premi tra cui l’African Airline of the Year 2017, il Cargo Airline Award for Network Development 2017, e l’African Cargo Airline of the Year 2017, la compagnia, che ha una flotta con una vita media di 5 anni massimo, vanta un buon servizio, sia in economica che in business, oltre ad avere un ottimo rating in puntualità dei voli, qualità dell’esperienza e professionalità del personale.