Alpitour, Burgio: «Stagnazione?
Affronteremo anche questa»
I cigni neri non lo spaventano. Piuttosto li addomestica. Lo ha fatto con la pandemia restituendo alla Tip di Giovanni Tamburi un’azienda più efficiente, tornata a crescere a una «velocità sorprendente». Lo farà con crisi energetica, inflazione, minacce atomiche, piegando l’offerta a una domanda che ne è condizionata. «L’unica cosa che mi preoccupa è la salute», le altre per Gabriele Burgio, presidente e amministratore del Gruppo Alpitour, sono variabili – sì, scomode – ma tecnicamente gestibili.
Lo incontriamo a Rimini, nell’Arena Allegrini. È lì per dibattere di sostenibilità nell’hospitality. Ma il suo sguardo si allunga ben oltre.
Confindustria prevede un 2023 di stagnazione in Italia. Quale sarà l’effetto diretto sul travel e su Alpitour?
«Sappiamo che il segmento dei viaggi ad alto valore è recession proof, resiste alle crisi e addirittura guadagna quote. Lo abbiamo visto con il Covid. Parallelamente, però, dovremo studiare prodotti adatti alla clientela più sofferente. Spingere su destinazioni come Tunisia, Capo Verde ed Egitto, che hanno e avranno prezzi più contenuti».
L’impoverimento della classe media, però, potrebbe essere così eclatante da inibire la domanda.
«Sarà necessario far passare un concetto: concedersi una vacanza in Egitto può essere più vantaggioso dal punto di vista economico che restare a casa. Se parti, abbatti i costi di elettricità, riscaldamento, spesa e via dicendo. Le Canarie, ad esempio, stanno già lavorando su questo tema sul mercato tedesco con un messaggio del tipo “venite da noi, spenderete meno”. Il senso è: partire – magari per una vacanza lunga – conviene più che restare sul divano».
Se il prodotto andrà adeguato, anche la tecnologia dovrà aggiornarsi ancora? Ci sarà una sorta di InNova bis?
«Con il progetto InNova abbiamo investito 20 milioni di euro intervenendo sui processi. In pratica, abbiamo lavorato sulla macchina, sviluppando anche piattaforme B2C tali da fidelizzare il cliente. Ma siamo sempre all’erta. Il progresso impone rinnovamento costante. Monitoriamo di continuo i sistemi, assicurandoci che non invecchino e imponendo evoluzioni laddove necessario. Sullo sfondo c’è una prospettiva: immaginiamo spariranno le attuali piattaforme e si farà tutto tramite le app degli smartphone».
E l’intermediazione come si pone in questo scenario?
«Dovrà inevitabilmente adeguarsi».
Tamburi ha sempre ribadito fiducia in Alpitour, anche nei momenti più bui. Nell’ultima relazione c’era solo un passaggio veloce sulle perdite. Ci sono mutamenti in vista sul fronte societario?
«Credo che l’assetto rimarrà immutato. Sono anche azionista, se ci fossero stati cambiamenti in vista lo avrei saputo. Il fatto che nel primo semestre di un anno si registrino perdite è, al di là di tutto, normale: vendiamo viaggi e i nostri picchi di fatturato sono in estate. Questo va sempre considerato. Nel 2021 abbiamo avuto un aumento di capitale di 50 milioni. Dopodiché abbiamo rinegoziato i finanziamenti e ce la siamo cavati da soli».
Con buoni risultati quest’anno, quindi?
«Non abbiamo ancora numeri ufficiali, ma posso dire che, a livello di volumi, Alpitour è cresciuta a una velocità davvero soddisfacente».
Alpitour ha ramificazioni anche all’estero. In che direzione va l’azienda oltreconfine?
«Oltre a una piccola sede in Albania, uno dei progetti più importanti è in Spagna con Contigo: Viajes El Corte Inglés e Logitravel ci hanno affidato l’incoming nelle principali destinazioni coperte da Jumbo Tours. C’è poi Alpitour France che, dopo una serie di difficoltà, l’anno scorso ha cambiato modello. Era una società nata per svolgere attività tradizionali, oggi vende solo prodotto Alpitour».
Affrontare sfide del genere richiede molto coraggio. C’è qualcosa che le fa paura?
«Sì. I problemi di salute. Solo quelli mi spaventano davvero».