Alpitour, effetto dream team. E intanto si stringe il cerchio
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Mentre si stringe il cerchio intorno alla probabile valorizzazione delle quote – altrimenti detta, cessione delle stesse – da parte di un importante Gruppo industriale, la potente macchina Alpitour World (al momento ancora controllata da Tamburi Investment Partners) non smette di marciare a ritmo sostenuto. Lo conferma al Corriere della Sera colui che ormai da 12 anni è il suo presidente e amministratore delegato: Gabriele Burgio.
«Abbiamo 78 anni come la Ferrari e siamo ancora sul mercato: è quasi un unicum nell’industria del turismo», esordisce il ceo che ha voluto, per l’appunto, l’infinito nel nuovo logo. A lui l’onore di ricapitolare risultati di bilancio imponenti, frutto del lavoro di fino delle attuali prime linee, artefici della Trevolution del tour operating, della spinta sul lusso della catena alberghiera Voihotels con VRetreats e della profittevole evoluzione della compagnia aerea di casa Neos. Un dream team di grande caratura destinato a rimanere immutato.
Torniamo ai numeri. «Il fatturato consolidato del Gruppo – ricorda Burgio – ha sfiorato i 2,1 miliardi, in aumento del 7% rispetto al 2023. Abbiamo trasportato 2,3 milioni di passeggeri con Neos, di cui 206mila turisti stranieri in Italia, e toccato il milione di clienti con i 5 marchi del tour operator». Un quarto di questi, ovvero 240mila, hanno scelto l’Egitto. Dettaglio – se vogliamo definirlo tale – che fa sorridere il presidente, perché dimostra la resilienza di una destinazione cardine per l’outgoing italiano, nonostante il conflitto arabo-israeliano ne aveva intaccato inizialmente le performance. «Dopo lo scoppio della guerra fra Israele e Hamas – spiega – c’è stato un crollo delle prenotazioni in Egitto. Poi, durante l’estate, la ripresa è stata importante: di norma, lo choc da conflitto dura circa sette settimane, dopodiché i flussi turistici riprendono».
Parallelamente, come abbiamo più volte scritto, la reazione del Gruppo è stata rapida e puntuale con il lancio di mete alternative come Miches in Repubblica Dominicana e la Colombia, oltre a Capo Verde. «È il grande vantaggio di avere una compagnia aerea di proprietà. La flessibilità nella scelta delle mete e la diversificazione dei prodotti ci rendono in certo modo immuni alle crisi geopolitiche», sottolinea Burgio.
A livello macroeconomico, il 2025 lascia ben sperare e per il 2030 si prevede un raddoppio dei viaggi (da uno a 2 miliardi) rispetto allo scorso anno. Un trend che sembra essere in antitesi con la contrazione della capacità di spesa delle famiglie a cui assistiamo. Ma così non è: «Il turismo – spiega l’ad di Alpi – sta scalando posizioni nella gerarchia delle priorità di spesa delle famiglie, che sono alla ricerca di esperienze: preferiscono investire sui viaggi anziché sui beni durevoli come l’auto». E inoltre «si stima che, non appena raggiunge i 35-40 mila dollari di reddito complessivo, una famiglia inizia a viaggiare. Dal momento che molte famiglie nel mondo stanno superando questa soglia – si pensi alla Cina prima e ora all’India – la domanda di turismo è destinata ad aumentare significativamente».
Il nodo, per Burgio, è un altro: «Se l’offerta riuscirà a stare dietro» alla domanda in crescita, visto che «aeroporti, aerei, ferrovie sono già al limite. Servirebbe potenziarli per sostenere la crescita attesa dei flussi turistici, ma i tempi di progettazione, realizzazione e consegna delle infrastrutture sono molto lunghi».
L’esempio lampante di tale frizione Alpi ce l’ha sotto gli occhi: «Lo vediamo con Neos. Vorremmo incrementare la flotta, portandola da 16 a 19 aerei: dopo anni, forse riusciremo a ottenere il diciassettesimo solo ad aprile». Molto dipende dalle difficoltà di Boeing che ha oltre 6.000 ordini arretrati.
Altra spina nel fianco è l’offerta italiana di hotel di lusso: «È aumentata del 35%, ma non è ancora sufficiente a soddisfare la domanda di un turismo che si va sempre più polarizzando fra offerta di fascia alta e bassa». E proprio alla luce di ciò l’obiettivo di Alpitour è ancora arrivare a 10 strutture di lusso VRetreats. «Ma c’è tanta concorrenza da parte dei grandi fondi, specialmente statunitensi, che fa salire i prezzi delle strutture. I costi dei contratti di management di un hotel a 5 stelle sono triplicati rispetto al 2019», riferisce Burgio.
Un’intervista, quella al Corsera, che non sfiora minimamente il tema della cessione delle quote societarie, bensì si conclude con una domanda su possibili acquisizione future da parte di Alpitour. Qui l’ad accenna alla razionalizzazione avviata dal Gruppo. Un piano che «si concluderà quest’anno. E dal 2026 – non esita a dichiarare Burgio – inizieremo a guardarci intorno».