Alpitour, estate post Covid:
i quattro piani di Ezhaya
Una pagina bianca tutta da scrivere. Perché il virus ha, sì, azzerato viaggi e relazioni umane, ma non la fantasia. Riparte da qui il colosso Alpitour: da uno slancio di immaginazione. Lo fa con una campagna a mezzo stampa, ma soprattutto con uno scrupoloso lavoro di back office per programmare l’estate che verrà. Una summer 2020 su cui pendono quattro diversi scenari, ma per cui vale un’unica e solida certezza: sostenere le vendite in agenzia. Ne parliamo con Pier Ezhaya, direttore tour operating del Gruppo torinese, personaggio chiave di questa stagione anche per il suo ruolo di consigliere Astoi.
Come si comporta un leader di mercato in una fase come questa?
«Il compito primario è rassicurare il settore, non solo se stessi, e quando possibile aiutarlo. In che modo? Pianificando il lavoro per questa estate e prevedendo di sostenere le agenzie di viaggi con una sensibilità commerciale ai massimi livelli».
Quando immagina ripartiranno le vendite?
«Dopo un maggio fiacco, prevediamo il ritorno al booking a giugno. La partita si giocherà proprio in quel mese, in cui bisognerà fare canestro in un solo tiro. Le partenze si concentreranno probabilmente tra luglio e agosto. Come Gruppo, siamo abituati a indirizzare la domanda, ma questa estate non sarà possibile: bisognerà seguire il flusso, facendo pace con le incognite».
Come si fa a programmare il futuro quando – del futuro, per l’appunto – non vi è certezza?
«Lavorando su più piani. Noi ne abbiamo studiati almeno quattro. Nel primo le vendite sono limitate all’Italia. Un secondo scenario, più ottimistico, vede il ritorno della Grecia percepita come rifugio e di un Egitto reattivo e veloce da programmare sotto data, forte della supposta allergia del virus alle alte temperature. Ancora più ampio il terzo piano che prevede l’apertura di una parte di lungo raggio, come Caraibi e Madagascar. E infine il quarto, in cui ipotizziamo piena operatività. Per dirla con una metafora: nel forno abbiamo messo tutto, poi vedremo cosa cucinare».
Si preannuncia un’estate all’insegna delle misure anti contagio. State già lavorando su adeguamento e sanificazione delle strutture?
«Ci stiamo muovendo per intuizioni, immaginando ad esempio una rotazione nei ristoranti. Ma siamo in attesa di linee guida istituzionali. Ci aspettiamo che le norme, anche se rigide, siano chiare e vengano messe presto nero su bianco».
Riguardo a Neos, cosa accadrebbe se fosse consentito un riempimento massimo degli aerei del 60%?
«Una percentuale del genere, in termini economici, sarebbe davvero un disastro. Comunque siamo ancora in una fase di grande incertezza. Dopodiché si dovranno riconfigurare, non solo i mezzi, ma anche gli aeroporti».
Si prevede un innalzamento del prezzo medio della vacanza?
«Non è detto. In un mese bisognerà riempire il più possibile, non ci sarà una seconda chance. Per questo immaginiamo prezzi interessanti e molte offerte in giro. Le condizioni di vacanza dovranno essere accessibili».
In Cina è scattato il revenge spending…
«Già. E chissà che non accada anche in Italia. Non è escluso a priori l’effetto molla con un’esplosione della domanda».
Alpitour aveva in pancia grandi cambiamenti che sarebbero stati annunciati in una conferenza, poi cancellata per la pandemia. Di cosa si trattava?
«Dopo aver rivisitato Bravo Club e Turisanda, toccava ad Alpitour, rimasto per anni sul suo trono da re. Abbiamo operato un rebranding del marchio in chiave contemporanea, rivedendo l’intera linea di comunicazione rivolta alla famiglia moderna. Si è mossa in quest’ottica anche l’offerta in cataloghi come Alpiblu e Alpigreen. Forte l’attenzione alla sostenibilità, al sociale e ai programmi di edutainment per i bambini. E poi abbiamo introdotto l’opzione delle vacanze flessibili, a livello di giorni, e programmi più smart, come gli itinerari del gusto in Sicilia e Puglia e le escursioni in caicco in Grecia, per dirne due».
In concreto, come si evolverà la relazione con le agenzie di viaggi nel post Covid?
«Fermo restando il contratto che ha validità annuale, abbiamo in mente azioni di sostegno al settore nella forma di campagne a supporto delle vendite. Abbiamo bisogno che le adv sane siano aperte e in buona salute. In una fase di apnea come questa ci spenderemo per trasferire ossigeno a chi ne ha di meno».
Questa crisi colpisce con più intensità i piccoli o i grandi?
«Tutti e due in modo diverso. E chiarisco perché: le piccole aziende sono meno capitalizzate e hanno un accesso al credito ridotto, ma godono di strutture più snelle; i grandi, pur avendo patrimoni e azionisti forti, hanno spese come il leasing degli aeroplani che paghi a prescindere. Una crisi come questa investe tutti».
Come Astoi, avete promosso con Fto il Manifesto per il Turismo Italiano. Il governo, però, non ha reagito come speravate.
«Siamo ancora in attesa del decreto Aprile e di misure concrete di sostegno al turismo. Dall’esecutivo non è giunta alcuna risposta concreta. Per questo abbiamo ritenuto necessario alzare il volume della radio. Volume che resterà elevato finché non ci ascolteranno. Una cosa nel frattempo è certa: parlare con una voce sola ci dà forza».