by Roberta Rianna | 13 Dicembre 2021 9:15
Umano, troppo umano, come il saggio di Nietzsche sullo spirito libero. È Pier Ezhaya, direttore del tour operating Alpitour, artefice di quella Trevolution[1] che non è solo una riorganizzazione dei brand, ma un domino di professionalità (e personalità). «La squadra non è una famiglia. Non è di più, né di meno; è semplicemente un’altra cosa. E quando funziona – per chi come me ne guida una – rappresenta lo stipendio emotivo più appagante», scriveva qualche giorno fa su LinkedIn. E lo ripete oggi, quando ci racconta della «migliore squadra di sempre» e di un’azienda pronta a compiere, nel 2022, il salto tecnologico definitivo: quello che consentirà di raggiungere il fai da te sul web e riportarlo a casa.
La Trevolution è compiuta. Può dirsi soddisfatto?
«Sono molto convinto delle scelte fatte, abbiamo avuto coraggio. Sul mercato abbiamo lasciato i brand più apprezzati dai viaggiatori e nella scelta dei manager non abbiamo adottato il manuale Cencelli: in campo ora ci sono i giocatori più bravi, anche in termini di valori e onestà, perché l’aspetto professionale è imprescindibile da quello umano. Non avevamo bisogno di solisti, ma di persone capaci di fare gruppo. E così è stato. Di squadre ne ho avute tante, ma questa – lo ripeto – è la migliore».
Quale sarà la prossima sfida dei t.o. di casa Alpitour?
«Stiamo lavorando a un importante progetto legato all’omnicanalità, concetto a cui daremo un nome più masticabile. In buona sostanza, ridisegneremo le nostre tre piattaforme – Alpitour.it, Turisanda.it ed Edenviaggi.it – con nuove regole di ingaggio e grossi investimenti in web marketing: l’obiettivo è raggiungere il consumatore abituato a prenotare da solo e consentirgli di finalizzare l’acquisto in agenzia. Non si può più ignorare internet. Bisogna presidiarlo, raggiungere il cliente e tenerselo stretto, evitando di consegnarlo in mano alle banche letti».
Siamo alla vigilia di una rivoluzione culturale.
«Esatto. Proprio nel momento in cui qualcuno ha pensato che il turismo organizzato fosse alla fine di un’epoca, abbiamo studiato il grande salto: entrare con forza nel ring del web e trasmettere ai “duri e puri” del fai da te i valori del nostro mestiere. Valori comuni a tutti i tour operator, non solo legati ad Alpitour».
La pandemia, in questo senso, ha reso quasi indispensabili le figure di adv e t.o.
«Questo è vero. Ma dobbiamo guardare oltre. Non siamo qui solo per risolvere problemi e sbrogliare pratiche, ma per vendere nuovi servizi. È questo il messaggio che, insieme alle nostre agenzie partner, vogliamo trasmettere al cliente finale. Abbiamo 60 milioni di viaggiatori da raggiungere e lo faremo anche attraverso un’importante campagna di comunicazione, pianificata a partire dalla primavera 2022».
A proposito di agenzie di viaggi, c’è una questione che ha sollevato qualche polemica: la chiusura dei codici ad alcuni punti vendita. Ce la spiega?
«Certo. Intanto voglio ricordare che collaboriamo con 6.200 punti vendita e siamo l’operatore che distribuisce a più adv in assoluto sul mercato, servendole regolarmente. Accettiamo che alcune non vogliano lavorare con noi, parimenti va accettata la nostra esigenza di canalizzare le pratiche su chi ci ha sempre scelto. Stringere alleanze è una necessità, anche perché tenere i codici aperti ha un costo amministrativo, contabile e via dicendo».
Sul fronte operativo, ci racconta come ha risposto il mercato all’apertura dei corridoi?
«Meglio di quanto ci aspettassimo. I risultati sono molto positivi. Avevamo, sì, tracciato la voglia di viaggiare, ma i volumi sono stati oltre le attese. Sull’Egitto – meta con la risposta più forte – siamo partiti con quattro voli settimanali; a novembre siamo passati a 12 e a Natale arriveremo a 18. Bene anche le Maldive, dove abbiamo iniziato con due voli e stiamo per introdurre il terzo, cosa mai fatta prima d’ora. Sulla Repubblica Dominicana siamo passati da uno a quattro voli. L’imperativo in una situazione del genere è creare offerta. Gli operatori devono dimostrare coraggio e intraprendenza».
L’allarme Omicron ha provocato cancellazioni?
«Non in maniera consistente, anche perché la gran parte delle vendite riguarda i corridoi e i viaggiatori sono vaccinati. Parlerei più che altro di un rallentamento nelle nuove prenotazioni. Ma in generale i risultati sulle mete aperte continuano a essere buoni».
Che Natale si appresta a vivere Alpitour in termini di fatturato?
«Comunque molto insufficiente. Per dare una misura: le destinazioni aperte varranno poco più del 35% del venduto 2019, quando il mondo era totalmente aperto. Il risultato parziale sui corridoi è certamente buono, ma il conto finale non lo è altrettanto».
Si attende l’apertura di nuovi corridoi. Quali destinazioni auspicate?
«Oman, Capo Verde, Cuba, Messico e Thailandia. Sarebbero una bella boccata di ossigeno, non solo per noi, ma per tutto il mercato».
Superato l’inverno, usciremo da questa crisi?
«Me lo auguro, ma i prossimi mesi saranno lunghi e complessi. Se è vero che alcuni corridoi sono aperti, è altrettanto vero che le casse delle aziende sono prosciugate, si fa difficilmente fronte ai costi e c’è un diffuso senso di sconforto. Questo inverno, sul fronte economico, farà più vittime di quello precedente. Per questo con Astoi e le altre associazioni abbiamo chiesto interventi urgenti[2]».
Nonostante le difficoltà, ama ancora questo lavoro?
«Direi che questo lavoro mi manca. In questi anni, anche come presidente Astoi, ho fatto più che altro il politico. Non vedo l’ora di tornare a fare turismo a tempo pieno».
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