Arabia Saudita, progetto Neom ridimensionato: il ceo al-Nasr lascia
Una brusca frenata per l’Arabia Saudita che corre verso la modernità e lo sviluppo turistico, con il ridimensionamento del multimiliardario progetto Neom e le dimissioni improvvise del suo ceo, Nadhmi al-Nasr. A prendere il suo posto direttamente il fondo di investimento sovrano con il funzionario Aiman al-Mudaifer.
La smart city futuristica, situata nel nord-ovest dell’Arabia Saudita, nella regione di Tabuk, a nord del Mar Rosso e a est dell’Egitto, in una posizione strategica, ma attualmente desertica, è stata immaginata e fortemente voluta da Mohammed bin Salman principe ereditario saudita. È parte importante della Vision 2030, programma strategico che punta a ridurre la dipendenza del Regno dal petrolio, incentivando altre risorse, come il turismo e introducendo il nuovo modello di sostenibilità urbana Neom.
L’amministratore delegato ha lasciato bruscamente il suo ruolo proprio nel momento in cui lo sviluppo del progetto, visti gli altissimi costi di realizzazione, troppo elevati perfino per le infinite risorse economiche del più grande Paese produttore di petrolio, è stato fortemente ridotto.
A causare i maggiori problemi la realizzazione di The Line, parte di Neom, una città ecosostenibile nel deserto a forma di un grattacielo in linea orizzontale, di vetro e acciaio, lunga 170 chilometri. Sarebbe dovuta diventare realtà entro il 2030 ed essere abitata da 1,5 milioni di cittadini, ma ora la cifra è scesa a soli 300mila ed è drasticamente scesa anche la lunghezza della futuristica linea fino a soli 2,4 chilometri.
Fin dal 2017, anno in cui Neom è partito con una previsione di spesa di circa 500 miliardi di dollari, il piano è stato afflitto da ritardi, sforamenti dei costi e problemi con il personale: sono circa 100mila i lavoratori impiegati in condizioni proibitive.
Con il passare degli anni, i funzionari sauditi si sono resi conto di non avere il denaro necessario per finanziare tutto Neom e, mentre sta andando molto avanti la parte che riguarda la costruzione e il lancio delle nuove lussuose mete turistiche nella costa del Mar Rosso, il resto sembra arrancare.
Gli investitori stranieri, un tempo indicati come supporter fondamentali, non si sono ancora materializzati, nonostante i numerosi tentativi di attirare denaro esterno. E i petrodollari non bastano più, tanto che la corona saudita ha annunciato che il debito pubblico aumenterà fino a raggiungere il 26,5% del Pil, una percentuale molto bassa per i nostri standard, ma in continua ascesa per finanziare i “megaprogetti” con cui il principe vuole incentivare tutti quei settori che non dipendono dall’oro nero.
«Ridimensioneremo alcuni progetti e ne accelereremo altri», aveva dichiarato poco tempo fa un portavoce del fondo, sottolineando che «i progressi continuano su tutte le operazioni come previsto, mentre realizzeremo la prossima fase del nostro vasto portafoglio di progetti, tra cui The Line, Oxagon, Trojena, Magna e The Islands of Neom».
Intanto, Sindalah Island, un’isola artificiale caratterizzata da un vasto porto turistico, hotel a cinque stelle, ristoranti e negozi di lusso, è stata già inaugurata. Chi si ferma è perduto.