È arrivato il momento di ridurre l’addizionale comunale a 2,50 euro rispetto a livelli che attualmente possono incidere fino a 9 euro sul costo del biglietto e destinarne una quota (1,50 euro) al Fondo del trasporto aereo ed una quota (1 euro) ai comuni aeroportuali. È l’esplicita richiesta di Assaeroporti in una lettera inviata a governo e Parlamento nella quale – tra l’altro – si evidenzia che a oggi questa addizionale finanzia misure estranee al settore.
Nella missiva si spiega che “i passeggeri in partenza dagli aeroporti italiani pagano una tassa che varia, a seconda della città, tra i 6,5 e i 9 euro, direttamente caricata sul costo del biglietto aereo. È la cosiddetta addizionale comunale sui diritti d’imbarco, un’imposta che non solo rischia di aggravare il fenomeno del caro voli e di deprimere il mercato, ma, di fatto, oggi è estranea rispetto agli obiettivi della norma originaria. Nel corso degli anni, provvedimenti poco chiari e contraddittori ne hanno incrementato l’importo, a danno della connettività dei territori, destinando gran parte del gettito a finalità non attinenti al trasporto aereo, come ad esempio i 3,5 euro versati genericamente all’Inps. Sporadiche iniziative, invece, hanno per brevi periodi abolito l’addizionale comunale su alcuni scali”.
Assaeroporti ritiene che la proposta di ridurre l’onere a carico delle compagnie aeree, e quindi dei passeggeri, favorirebbe la connettività aerea e la competitività del sistema aeroportuale nazionale. Al tempo stesso, mantenendo le quote destinate al Fondo del trasporto aereo e ai Comuni aeroportuali si garantirebbe stabilità al comparto, tutelando i lavoratori, e risorse congrue alle amministrazioni locali, con un gettito interamente destinato al settore.
«Le esigenze delle singole amministrazioni locali di ridimensionare o sopprimere la tassa o, all’opposto, di incrementarla per ragioni di bilancio – spiega il presidente di Assaeroporti Carlo Borgomeo – determinano oggi un quadro precario e frammentato, che contraddice i più elementari principi della concorrenza e condiziona la necessaria attività di programmazione degli operatori».