Se il bagaglio viene riconsegnato in ritardo, bisognerà rimborsare il viaggiatore con la cosiddetta bag fee. È questa la proposta avanzata dallo U.S. Transportation Department alle compagnie aeree, che in realtà avrebbe l’intenzione di far introdurre rimborsi rapidi anche per i servizi extra non forniti per problemi tecnici, come ad esempio l’accesso al wifi durante il volo.
La proposta – si legge su Travel Weekly – sarebbe al vaglio e potrebbe concretizzarsi in vista della prossima estate. Nel dettaglio, il rimborso scatterebbe con un ritardo di dodici ore dall’atterraggio per i voli americani e di 25 ore per le tratte internazionali.
Kurt Ebenhoch, executive director of Travel Fairness Now, organizzazione dei consumatori, sostiene che «la bag fee faccia parte della lunga lista delle esigenze dei viaggiatori aerei e sia assolutamente gradita».
Lo scorso anno, negli Usa i reclami verso le compagnie aeree sono stati avanzati da oltre 100mila persone. E i rimborsi, complici le cancellazioni per via della pandemia, sono stati il problema più grosso.
Nel 2019, prima del Covid e senza considerare i bagagli a mano, stando ai numeri del Dipartimento dei Trasporti, i passeggeri hanno pagato ai vettori Usa quasi sei miliardi di dollari di tasse per le valigie registrate. Il dato è sceso a 2,84 miliardi lo scorso anno.
Per tanti anni e fino alla crisi finanziaria del 2008, ai clienti non è stata addebitata alcuna tassa per i bagagli. American Airlines, sempre secondo quanto appreso dal giornale specializzato Travel Weekly, ha generato ricavi per 2 miliardi di dollari di tasse sui bagagli negli ultimi due anni, mentre Delta e United hanno incassato circa 1,5 miliardi.
A causa delle dimensioni più ridotte, le low cost, tra cui Spirit e Frontier, hanno meno entrate per questa tipologia di voce ma ottengono una percentuale più elevata di tasse.