Azzardo o rischio calcolato nella mossa del governo in merito alla spinosa vicenda delle concessioni balneari: per evitare di mettere a gara tutte le concessioni, il governo intende far valere una mappatura delle coste italiane, contenuta nella relazione finale illustrata nelle scorse ore a Palazzo Chigi, da dove si evince che il 67% delle coste non è appetibile e non può andare in gara perché attiene tratti di costa inaccessibili o sotto tutela ambientale o ancora vincolate perché aree militari, o addirittura aree non concedibili perché con rigidi vincoli regionali.
A conti fatti, quindi, soltanto il 33% delle spiagge sarebbe soggetto a bando. Una tesi azzardata che trova d’accordo solo una parte del governo e ovviamente le 20 sigle sindacali in rappresentanza delle imprese balneari che hanno preso parte al tavolo tecnico.
Tra i rappresentanti del governo, poco propensi ad adottare soluzioni avventate da presentare a Bruxelles, c’è il ministro per gli Affari europei, la coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, il quale, alle prese con il cronoprogramma delle tranche di pagamenti del Pnrr, non ha alcuna intenzione di irretire i referenti Ue per una vicenda che si trascina da anni e che ha già prodotto qualche malumore di troppo in Europa.
A tutto questo si aggiunge l’autentico caos di pronunce e sentenze che si sono sovrapposte fino ad oggi: l’ultima in ordine di tempo è la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato la proroga delle concessioni fino al 31 dicembre 2024 che il governo Meloni, nel febbraio scorso, aveva approvato per cercare di prender tempo e sbrogliare la intricatissima matassa. Ed è proprio questa sentenza ad essere stata impugnata davanti alla Corte di Cassazione da alcune sigle sindacali delle imprese balneari e di cui si attende la pronuncia per fine ottobre.