«Dopo il digital divide, è tempo di abbattere il data divide accorciando le distanze tra Olta e hotel indipendenti e dando a questi ultimi tutti gli strumenti utili per competere». Esordisce così Fulvio Giannetti di Lybra Tech – startup che si occupa di big data per il turismo – davanti alla platea assortita del primo convegno Internazionale sul tema, al The Building di Roma, hotel che ha ospitato l’evento a cui hanno partecipato rappresentati di alberghi, Olta, catene, adv e operatori.
Un grande momento di networking, povero di “data”: perché le informazioni (i come e i perché) ormai sono un bene prezioso che si paga a peso d’oro. Anche nel turismo. E la domanda che serpeggia in sala, però, è come si applichino per l’appunto i big data a un settore, che nella sua frammentazione, è ancora molto artigianale.
«Consentono ai player di profilare i clienti, tracciarne i bisogni e la spesa, per creare offerte sempre più mirate o campagne di marketing personalizzate, ma la vera sfida è saperne cogliere le tendenze future», spiega Giannetti. Perché i big data sono innanzitutto la camera che ci piace, la nostra birra preferita, come paghiamo, il giorno prediletto per fare shopping o la necessità del wifi in piscina.
Soprattutto perché ora si prevede tutto, o quasi. Se fino ad oggi si è lavorato su informazioni del passato, ora è centrale il forecasting. I big data servono a predire tendenze, comportamenti e flussi e a renderli strumenti di vendita accessibili.
«Ora è possibile analizzare la pressione della domanda su una destinazione e adottare strategie di pricing sempre più accurate, automatizzando la raccolta e l’analisi dei dati da più fonti e in tempo reale», conclude Giannetti.
Gli fa eco Enzo Carella, ad uscente di Uvet Network e speaker della giornata, che racconta come dal Crm (Customer Relationship Manager) si sia passati a strumenti più potenti e precisi. «Con Uvet Travel Index siamo riusciti a fare analisi previsionali sul Pil italiano e sui flussi di viaggi in anticipo di un paio di trimestri. Un risultato eccezionale per chi vende viaggi – sottolinea il manager – Un tempo c’era il mito della vacanza per tutti, oggi c’è la vacanza per ognuno. Dove ciascuno desidera la propria personalizzazione e contenuti su misura».
La sfida, quindi, sembra essere quella di leggere all’interno dei dati e interpretarli, perché come ha ricordato Stefano Franco della Luiss Business School, «siamo passati dalla scarsità di risorse all’abbondanza di informazioni. Quindi occorre selezionare ciò che ci interessa».
«Generiamo una enorme quantità di dati e molto rumore. Ma l’abilità è quella di ascoltare i segnali deboli, per decodifcare le informazioni e fare scoperte inaspettate».
Tra gli altri speaker dell’evento, Gianluca Piras, area manager Roma di Expedia, ha presentato il doppio movimento tra chatbot, skill per il booking vocale (consumer) e i prodotti Rev+ e Partner Central (B2B). Cassette degli attrezzi che raccolgono le enormi quantità di dati che transitano nei portali e brand Expedia e le riorganizzano per l’utente o per l’albergatore.
Gianluca Laterza, senior key account manager south europe di Tripadvisor, ha ricordato i plus dei metamotori come strumento di trasparenza e competitivà. Ramzi Zawaideh, area manager Italy di Royal Jordanian, invece, si è soffermato sull’integrazione tra fattori interni ed esterni per prevedere numeri e load factor degli aeromobili.
La Cina è più vicina?
L’esempio di come i big data risultino rilevanti per segmentare e saper vendere lo dà ancora Enzo Carella a proposito del mercato asiatico. «L’attuale boom economico della Cina somiglia molto a quello italiano del secolo scorso: i nuovi cinesi vogliono l’auto, la sicurezza economica e la possibilità di viaggiare. Ma è un popolo cosciente della sua tradizione millenaria culturale e gastronomica. Con i cinesi non funziona la storia del “più bel Paese del mondo” e della cucina italiana. Anche perché hanno le loro community che raccontano esperienze e giudizi sull’Italia ben definiti e anche severi».
Il valore aggiunto, quindi, è dato più dall’accoglienza italiana, ma anche da reti d’impresa che organizzano un servizio ad hoc per il target cinese unendo il moderno alla classicità. «Il turista cinese ama visitare i luoghi/non luoghi: i travel retail come meta di aggregazione o vera e propria destinazione di viaggio», conclude Carella.
Per conoscere questi dettagli, però, c’è bisogno dei big data e di chi li sa interpretare, ma forse anche di una certa esperienza sul campo e di un po’ di formazione.