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Boeing, colpo di scena:
lo sciopero non si ferma

boeing aereo adobe

Altro che Quaresima finita. Altro che strette di mano e pacche sulle spalle. Della serie “Duri e puri” (e incontentabili) i dipendenti di Boeing hanno rispedito al mittente l’ennesima proposta aziendale, via sindacati, per scongelare uno sciopero che va avanti da oltre 40 giorni.

Così, il 64% dei voti espressi dalla base ha bocciato l’accordo sul contratto di lavoro provvisorio – un aumento del 35% degli stipendi distribuito su quattro anni, un bonus una tantum di 7.000 dollari e maggiori contributi ai loro conti pensionistici – come era già avvenuto per la precedente offerta: the strike must go on e 33.000 lavoratori, aderenti all’Associazione internazionale dei macchinisti e dei lavoratori aerospaziali (Iamaw) restano con le braccia incrociate, bloccando la produzione dei jet di linea più importanti del colosso spaziale americano.

«La proposta non è stata giudicata adeguata dai nostri iscritti – ha spiegato il presidente Jon Holden – Dopo 10 anni di sacrifici, abbiamo ancora terreno da recuperare e speriamo di farlo riprendendo prontamente le trattative. Questa è democrazia sul posto di lavoro e anche una chiara prova che ci sono conseguenze quando un’azienda maltratta i i suoi lavoratori anno dopo anno».

Con tanti saluti alla “visione” del ceo Robert “Kelly” Ortberg, che, nonostante la nuova grandinata di dati negativi – la perdita trimestrale ammonta a 6,2 miliardi di dollari – ieri ha fatto sfoggio di ottimismo, disegnando la Boeing che verrà, sicuro di avere già in tasca il nuovo contratto siglato. «L’obiettivo – aveva sottolineato Ortberg – è ripristinare la reputazione di Boeing».

Il braccio di ferro con il sindacato e la prima mobilitazione in massa dopo 16 anni arrivano infatti al culmine di un anno che definire complicato è poco: dall’incidente dell’Alaska Airlines – con un portellone esploso in volo – alle indagini federali, dai ritardi nelle consegne alle lacune finanziarie, aggravate dallo sciopero e con il vaticinio tutt’altro che rinfrancante espresso dalle agenzie di rating: servono 35 miliardi di dollari per evitare il downgrade a “junk”: cioè spazzatura, termine che non ammette equivoci.

Ecco perché Boeing cerca fondi freschi sul mercato, tra “bond, azioni e linee di credito. Con il fiato sospeso tra l’incudine dello sciopero e il martello di un rosso che rischia di diventare sempre più profondo.

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