L’autunno “caldo” è cominciato in anticipo per Boeing. Potrebbe durare a lungo, infatti, lo sciopero iniziato venerdì dagli oltre 30.000 dipendenti di Seattle e Portland – fucine del 737 Max, il modello più venduto – che hanno respinto a larga maggioranza il contratto proposto dall’azienda.
«Sono convinti di poter ottenere maggiori aumenti salariali e una pensione migliore», ha sottolineato Jon Holden, leader del sindacato International association of machinists and aerospace workers (Iam) in un’intervista alla National public radio (Npr), come riferisce la Reuters.
È la prima mobilitazione in 16 anni per Boeing, che però già questa settimana tornerà al tavolo delle trattative: i colloqui saranno “supervisionati” dai mediatori federali. L’intesa iniziale prevedeva un aumento di stipendio del 25% distribuito su 4 anni e l’impegno da parte dell’azienda a costruire il suo prossimo jet commerciale nella regione di Seattle. Holden ha ribadito che le priorità per i suoi membri erano un incremento salariale maggiore e il ripristino di un regime pensionistico migliore, che l’Iam aveva perso durante un precedente ciclo di trattative, dieci anni fa.
Venerdì le azioni di Boeing sono scese del 3,7% e, complice un 2024 da dimenticare, finora sono crollate di quasi il 40% quest’anno, riducendo il valore di mercato dell’azienda di circa 58 miliardi di dollari.
Uno sciopero prolungato nel tempo, dunque, potrebbe arrecare ulteriori danni alle finanze dell’azienda, già in difficoltà e costretta a un cambio in corsa del ceo, da Dave Calhoun a Kelly Ortberg.
Inoltre, un lungo stop nella produzione peserebbe anche sulle compagnie aeree – che hanno già manifestato grandi malumori, specie Ryanair – e sui fornitori che producono i componenti.