In molti paradisi tropicali cominciano a riaprirsi le porte per i viaggiatori internazionali: dalle Maldive ad Anguilla, dalle Bahamas ad Antigua e Barbuda passando per Barbados o per la Repubblica Dominicana, solo per citarne alcuni. Molto spesso, per accedere occorre presentare l’esito negativo di un tampone effettuato da tre a cinque giorni prima dell’approdo nel paese e, in alcune situazioni, dove procede con la quarantena.
In controtendenza, l’arcipelago brasiliano Fernando de Noronha, appartenente amministrativamente allo stato di Pernambuco, ha deciso di riaprire al turismo internazionale dallo scorso 1° settembre, ma solo ai turisti che possono testimoniare di essere risultati positivi al virus del Covid-19.
Lo spiega il bollettino del governo nel quale vengono esposte le misure per consentire l’accesso ai turisti. Oltre al pagamento della tassa di conservazione ambientale i turisti dovranno trasmettere entro 72 ore dalla partenza i risultati – positivi – di uno fra questi due test: un sierologico che dimostri la presenza di immunoglobuline G (IgG) effettuato non oltre 90 giorni prima dell’arrivo all’aeroporto Carlos Wilson sull’omonima isola principale dell’arcipelago atlantico (nonché la più stesa e l’unica abitata); oppure un test molecolare positivo ma effettuato oltre venti giorni prima dell’arrivo.
Si tratta solo della prima fase del graduale processo di riapertura dell’arcipelago nello stato di Pernambuco, santuario ambientale terrestre e marino oltre che patrimonio mondiale dell’Unesco. Un luogo selvaggio, dove il turismo è già di solito contingentato a poche centinaia di persone in contemporanea che si aggiungono ai 3mila residenti.